“Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.”
Chi non ha mai pronunciato o sentito questo verso? Chi non ha mai sognato di librarsi in compagnia di Peter, pensare un pensiero felice e volare via, verso mille nuove avventure?
Chi non si ricorda del divertente album di Edoardo Bennato, dedicato al bambino che si rifiutava di crescere, o di quel serioso (ma mai di faccia) Robin Williams, in Hook? Tutti conoscono, più o meno bene, Peter Pan. Non molti, fino a oggi, ne conoscevano le origini. Il nuovo film di Marc Forster (regista di Monster’s Ball) e il suo magnifico cast ci aiutano infatti a tornare bambini e a conoscere meglio Peter.
La storia del film, come è quasi naturale che sia, si discosta leggermente da quella vera, aggiungendo quel tocco di dramma e lieve romanticismo che ci sta sempre bene. Per chiarezza, delineamo qui una breve biografia di Sir James Matthew Barrie, autore di Peter Pan e protagonista del film. Barrie nacque in Scozia nel 1860, nono figlio di una famiglia di 10. James visse all’ombra del fratello maggiore David, il prediletto della madre. Quando questi morì in un tragico incidente all’età di 14 anni, dalle parole di sua madre, consolata dal fatto che David sarebbe rimasto un bambino per sempre, James trasse ispirazione e decise di “diventare David”. Come risultato, James si fermò a un metro e mezzo di altezza e non crebbe più. L’idea dell’eterna giovinezza rimase sempre con Barrie e in lui vennero piantati i semi che avrebbero dato come frutto, in futuro, la storia di Peter Pan. Nel 1894 sposò l’attrice Mary Ansell, un matrimonio sfortunato e di breve durata (divorzieranno poco prima del 1904). L’evento che cambiò la sua vita avvenne però nel 1897, quando al parco di Kensignton conobbe tre bambini, George, Jack e Peter Llewelyn Davies, rispettivamente di 5, 4 e 3 anni. Quando i due genitori tragicamente morirono di cancro, James ottenne la custodia di tutti i figli dei suoi amici; ai tre conosciuti all’inizio si unirono anche Michael e Nico.
Il film ci mostra la vita di Sir James dal 1904 quando, dopo il fallimento di una delle sue opere teatrali, si ritrova in un parco col cane Porthos e conosce i piccoli Llewelyn (non così giovani nella finzione). Le differenze sostanziali all’inizio sono l’assenza di Arthur Llewelyn, il padre dei bambini (che nella realtà era presente alla prima teatrale di Peter Pan), egregiamente sostituito dalla nonna, burbera e snob al punto giusto. L’amicizia di James con Sylvia e i bambini, ma soprattutto con un Peter profondamente scosso dalla morte del padre e che vuole crescere troppo in fretta, rifiutando tutto ciò che “non è reale”, porterà alla nascita, un dettaglio alla volta, di Peter Pan, il bambino che non voleva crescere, e delle sue avventure.
Johnny Depp ci offre anche questa volta un’interpretazione magnifica, afferrando la parte del fantasioso scrittore che riesce a vedere ciò che immagina e facendola sua come tutte le altre già recitate. Al suo fianco troviamo una tenera Kate Winslet, la burbera nonna Julie Christie (proprio la mamma di Senti chi parla) e un Dustin Hoffman che torna in argomento (era stato Capitan Uncino nello spielberghiano Hook) con un’elegante barba fine ‘800, nella parte di Charles Frohman, il saggio produttore di Barrie, che ci ricorda che il teatro, dopo tutto, è un gioco (in inglese la parola che denomina un’opera teatrale è “Play”).
Forster ci offre un viaggio nell’immaginazione, un film tenero e delicato, che mostra con garbo e colori tenui la nascita di un mito dai minimi particolari. L’amicizia che Barrie instaura con i bambini, tornando bambino anch’egli, è mostrata dai salti di ripresa tra la realtà e la fantasia, con attori che passano da bambini a pirati, a cowboy e indiani. In ogni scena c’è un dettaglio che farà sospirare il pubblico (la scena forse meglio rappresentativa di questi dettagli mostra Barrie e moglie che si ritirano nelle rispettive stanze da letto, mostrandoci cosa i due vedono oltre la soglia... da non perdere), una battuta che farà ridere, un pensiero che aiuterà nel cammino a ritroso nel tempo, fino a un’infanzia che non dovrebbe finire mai. E alla fine, forse, alcuni piangeranno l’innocenza ormai passata, altri benediranno a calde lacrime il fatto di non essere mai cresciuti davvero: si spenderanno comunque molte lacrime, ma saranno ben spese. La speranza è che tutti, anche con l’aiuto di questo film, possano trovare la strada che porta all’Isola che Non C’è. Le indicazioni sono chiare: “Seconda stella a destra, e poi dritto fino al mattino.”
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