A loro offri la mia vita, e la mia morte. Giurai solennemente di difendere questo suolo normanno da ogni nemico, ora e per sempre.

IV

Continuo a rivedere mia madre in cucina intenta a preparare la prima colazione mentre la bella luce pulita del New Jersey entra a fiotti dalla finestra aperta. Sono sempre stato fiero di lei, della sua permanente impeccabile, della sua capacità di far assomigliare ogni azione ad un’immagine pubblicitaria. Qui invece c’è solo caos e sporcizia, una sequenza di fotogrammi slegati che si sfaldano intorno per ricomporsi senza alcun senso.

Prima di partire avevo preso in prestito un libro sulla Normandia nella vecchia biblioteca pubblica. Parlava di prati e meli, mucche e formaggio. E pascoli ubertosi, diceva proprio così, ubertosi, che dovetti andare a cercarne il significato sul vocabolario. Non parlava di spiagge, di sbarchi. Di casematte e nidi di mitragliatrici tedesche. C’era anche una foto con un gruppo di contadine bionde e sorridenti, con delle buffe cuffie sulla testa. Ora tutto quello che vedremo di biondo saranno le SS che ci aspettano.

Le onde gelide ci spruzzano il volto. Gli occhi di tutti cercano il primo accenno di costa attraverso il velo fitto della nebbia. 135.000 uomini che scivolano silenziosamente nella bruma verso le spiagge di Omaha, Utah, Juno, Gold, Sword, le abbiamo ribattezzate tutte, infantile illusione di essere a casa, di liberare la nostra patria e non un Europa estranea e indifferente.

In una luce umida d’alba nebbiosa, grigia come un’ostrica, vediamo finalmente le falesie a picco.

La prima reazione è di panico. Non potremo mai arrampicarci lì sopra! Ci stanno mandando al macello!

Mi passo per un attimo la mano sugli occhi gonfi di sale e di sonno, rivedo di nuovo mia madre che rovescia i corn flakes nella scodella rossa, e l’odore di morchia, di benzina e di alghe marce diventa impercettibilmente quello sfrigolante della pancetta.

Billy Joe mi guarda allucinato, i denti gli stanno sbattendo come nacchere ma lui non sembra rendersene conto.

- Non c’è nessuna spiaggia, cazzo, nessuna spiaggia! Non possiamo sbarcare su quelle rocce, io sono della California, lo so cos’è una fottuta spiaggia, qui ci sono solo dei maledetti scogli!

Ho la bocca troppo secca per rispondere. Controllo il fucile per l’ultima volta.

Mentre sto pensando che da quando sono arrivato in Europa non ho più mangiato burro di noccioline scoppia il finimondo.

Ci hanno visto. L’aria si riempie di spari, di boati e di scoppi. Alle nostre spalle parte il fuoco di copertura, in alto i cacciabombardieri ruotano in un girotondo d’inferno.

L’acqua ribolle, si gonfia in grossi funghi di schiuma, si solleva per ogni dove sballottandoci.

Il tempo si spezza in mille frammenti autonomi: un attimo fa ero sul mezzo di sbarco e ora sono su una costa ripida, mi lancio e mi aggrappo fra schegge che volano ovunque, urla frastuono sibili boati così forti da sembrare quasi silenzio, un muro assordante che mi avvolge i timpani come una pelle.

Sto gridando anch’io ma non riesco a sentire niente, avverto solo i muscoli del collo gonfiarsi come corde e l’odore della polvere da sparo bruciarmi la gola e il petto.

Ho una paura lucida, aguzza come una scheggia di vetro.

Mentre avanzo sospinto dai compagni una parte del mio cervello valuta la possibilità di lasciarmi scivolare sul bagnasciuga, di fare il morto per non morire veramente.

Ho la bocca invasa da un gusto ferroso, come se stringessi fra i denti una chiave vecchia. Davanti a me un muro di scogli da cui stanno facendo il tiro a segno sulle nostre teste.

Nella confusione ho l’impressione che tutti si muovano al rallentatore, gli sguardi vuoti come finestre rotte. Non so neanche se sto sparando: credo di si, il fucile salta vibra e scalda, ma non importa, non è importante.

Voglio tornare a casa, adesso! Voglio la mia mamma!

Cado sui gomiti, affondo la faccia nella rena bagnata dura come il metallo.

V

All’inizio di gennaio Il buon vecchio re Edoardo d’Inghilterra è morto, lasciando il suo regno al mio sire. Ma il perfido usurpatore Aroldo ha indossato lui la corona, e il cielo stesso s’è indignato per tanto affronto illuminandosi per molte notti di una cometa funesta.