Appena appresa la novella del tradimento di Aroldo e delle macchinazioni sassoni per appropriarsi del regno al di là della Manica, il mio sire Guglielmo ha dato ordine di costruire una flotta in modo da attraversare l’infido mare e riprendersi quello che è suo di diritto. I taglialegna hanno scelto nei boschi gli alberi più dritti e forti, i mastri calafati ne hanno tratto poderosi vascelli che sono stati trasportati fino all’acqua da buoi numerosi come le spighe di luglio. Nuovissime cotte di maglia sono state forgiate, elmi spade e lance; grandi botti di vino generoso sono state imbarcate per rinfrancare gli animi prima della battaglia
Io ho invocato a lungo Dio e l’Arcangelo San Michele, a cui devo la mia vita stessa. Ma poi ho temuto che tutto ciò non bastasse: sapevo il nemico astuto e numeroso, con molte armi e cavalli. Ho quindi radunato i miei uomini e con loro sono andato nella terra selvaggia di Cotentin, dove vivono streghe temibili e dove ancora è forte la magia portata dai padri dei nostri padri.
Mi sono dannato, e ho dannato l’anima dei miei compagni; ma questo è ancora poco per il mio signore e la sua gloria.
Nella capanna squassata dalla furia del vento ho chiesto alla donna il berserk per me e per il mio seguito, la furia dell’orso. Ho invocato sul mio capo la magia più potente, quella che rende il guerriero simile a un demone, una belva invincibile assetata di morte.
Pochi giorni dopo le grandi navi di Guglielmo hanno varcato il mare come un coltello affilato scivola in un pane di burro. Siamo sbarcati e seguendo il suo vessillo abbiamo cavalcato fino ad Hastings.
Mentre l’esercito nemico si avvicinava,nel nostro campo le fiamme hanno guizzato tutta la notte, i canti hanno risuonato e il vino è scorso a fiumi nell’attesa della battaglia.
All’alba del 14 ottobre dell’anno del signore 1066 un sole pallido ha indorato le foglie morte e i due eserciti si sono affrontati, tremendi.
Un nugolo di frecce ha oscurato il disco del sole evanescente: i nostri arcieri hanno iniziato a fare strage e con un urlo assordante la cavalleria si è scagliata all’attacco.
Sul duro suolo di Hastings hanno cozzato le armi, il rosso sangue ha intriso la terra rendendola simile a una palude d’inferno. I cavalli sono crollati con le gambe spezzate sotto i colpi della fanteria in un clangore di ferro e bronzo alto come le trombe del Giudizio.
Il soldato Jonathan Sage si rialzò barcollando. Sputò acqua e sabbia e si sfregò gli occhi.
Aveva visto una foresta.
La costa intorno a lui era un delirio di colpi e scoppi, corpi in avanzata frenetica, ma non c’era proprio nulla che potesse ricordare un muro d’alberi.
Arroccato sulle loro teste il fortino tedesco vomitava verso il basso fuoco e piombo, granate e raffiche di mitraglia. C’erano già parecchi cadaveri fra spiaggia e mare, sbattuti dalle onde in pozze rosse sempre più larghe.
Improvvisamente la paura svanì, in modo talmente repentino da lasciarlo per un attimo immobile, quasi in bilico. Vide di nuovo gli alberi e avvertì una sensazione gorgogliante nello stomaco, come un mare di vino rosso ribollente che gli risaliva per l’esofago infuocandogli il petto.
Era sicuro di non aver bevuto, sicurissimo, non aveva preso nessuna droga, niente. Il fucile fra le mani assunse un aspetto terso e scintillante, come una lama di metallo.
Cercò di aprire le dita, terrorizzato, di lasciarlo cadere; ma si rese conto che le mani invece gli si chiudevano ancora più forte.
Nella confusione notò che alcuni suoi compagni lo guardavano sconcertati. Stava urlando. Anche prima aveva gridato, certo, tutti urlavano per darsi coraggio nell’attacco. Ma ora non riusciva più a capire il senso delle parole che gli uscivano dalla bocca. Stava parlando in un’altra lingua, sconosciuta eppure chiara nel significato profondo. Stava gridando al cielo in fiamme che quella era la sua terra e che l’avrebbe difesa per sempre.
Cadde in ginocchio.
Qualcuno lo spinse da dietro prendendolo a calci per farlo rialzare da terra. Jonathan sentì l’impatto del piede, ma questo non gli provocò nessun dolore, solo la sensazione neutra del contatto. Eppure era stato un colpo forte, dato con violenza.
Si rialzò; doveva correre avanti, lo sapeva, la prima ondata d’urto, prendere il nido di mitragliatrici, le casematte.
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