Smosse la terra, nel piccolo tumulo si aprì uno squarcio e lui sbucò nel mattino. Mentre si issava dal pozzo provò la familiare vertigine: il mondo tremolava verde sotto il suo sguardo. Dove portano i solchi del vento nell'erica? Nessuna risposta.

Sentì urlare alle sue spalle: - Vivi! vivivivivivivivivivi. Hai capito, guardami, siamo vivi! - Anche il Nano si era salvato.

Certo una volta doveva aver avuto un nome, ma nel Profondo i nomi non significano niente; adesso era solo il Nano, come lui era il Guerriero. Perfino le loro spade incantate avevano smarrito voce e lignaggio, rose dal tempo.

- Sta' zitto Nano, potrebbero sentirci.

- Chi deve sentirci? Siamo salvi, siamo fuori, non c'è nessuno. - Poi, coprendosi gli occhi per la gran luce, aggiunse: - Prendi, tira! La roba è ancora sotto.

Alla corda era legato l'unico sacco d'oro salvato dal fuoco. Quando le parole di potere avevano fatto crollare il soffitto della cripta si erano trovati di fronte un orrore aureolato di fiamme. Il Guerriero aveva sfoderato la spada, ma prima di poter fare un passo il Nano l'aveva afferrato e trascinato di peso verso i pozzi superiori. Il Mago invece era rimasto lì a bruciare, ebbro di risa.

- Questa è l'ultima volta che ti seguo, sei pazzo. E il tuo compare... poteva ucciderci tutti. Peggio di te, puà!

- Era anche il tuo compare.

- E' morto, non è più niente. Vediamo cosa resta.

Il Nano vuotò a terra il sacco, scartando col piede le piastre d'oro alla ricerca di gemme, e lui pensò di aver visto troppe volte quella scena. Eppure, non era questo il piacere? Non li aveva convinti a riunirsi per questo? Sì.

- Questa la prendo io, questa pure... ma che parlo a fare, tanto tu non capisci la differenza. Tienti l'oro e siamo pari.

Sforzandosi di stare al gioco, il Guerriero afferrò la mano enorme del Nano e grugnì: - No. Quella blu è mia. La voglio.

- Ora ti riconosco! - si rallegrò il Nano - Sai, puoi anche andare affanculo tu e tutta la tua razza di mangiamerda. Questa gemma è mia, mia dall'inizio dei tempi, destinata a me, ha il mio nome sopra. L'ho trovata io!

- Ah... ora anche i vermi della terra hanno nome e destino? Ma questa lama dice non durerà a lungo.

- Bah... sei sempre stato zero a ingiuriare. Quelli della mia stirpe maledivano l'aria prima che i tuoi cominciassero ad appestarla col fiato. Hai capito o devo spiegartela?

Si colpirono, le lame puntate dritto alla carne. Era un gioco duro ma almeno aveva le sue regole e dopo un quarto d'ora caddero entrambi sfiniti. Il sole era salito in fretta, così si distesero comodamente sull'erba e iniziarono a fumare.

- E va bene, prendila. Non me ne frega un cazzo.

- Dici sempre così.

- Quel che mi fa infuriare è che non te ne fai nulla. Per te è sprecata. Tutto è sprecato, con te.

Silenzio.

Dal pozzo saliva l'odore di tomba in cui erano stati immersi per giorni. Quanto tempo era passato nel Profondo? Il primo sorso di aria pulita era sempre freddo e pungente ma ci si riabituava in fretta; più difficile fissare lo spazio vuoto tutto intorno. Un tempo era una schifosa palude e quando il male era stato cacciato l'erica aveva ricoperto le ossa. Ma il male non se n'era andato davvero: era ancora lì, nel cielo, nel vento, per sempre.

- Dove andrai ora, Nano?

- A casa. Ho una casa, io. Entrerò tra i consiglieri del re sotto la montagna e mi sa che dovrò badare alle ambascerie e alle chiacchiere di guerre e alleanze e trattati.

- Bello. E poi?

- E poi qualche campagna. Ce n'è sempre qualcuna in corso. O forse mi manderanno nella vostra capitale fatta di fango, se proprio vuoi saperlo. Io vi conosco, voi umani; so orientarmi tra i vostri intrighi.

- Niente famiglia?

- Mah... per forza. Per me è ora.

- E il Profondo?

- Crepa tu e il Profondo! Basta, ho chiuso. Il mondo è grande, le possibilità infinite, e io dovrei finire sepolto vivo come il Mago? O il Prete. Te lo ricordi, il Prete? E quel ridicolo di un Elfo. Fortuna che voleva morire da eroe e ci coprì la ritirata perché quella volta ce la siamo vista davvero nera. Per cosa, poi? Queste pietruzze. Ma posso averne il doppio mettendomi al servizio di un qualsiasi tiranno e...

Il Guerriero ricordava il Prete e anche tutti gli altri: il Barbaro, l'Amazzone, lo Gnomo. Alcuni erano morti ma i più si erano fatti strada, ora dominavano regni e gilde. Non era una vita facile, vivere nelle città e combattere con i burocrati dell'impero, tra spie e traditori, assillati dai questuanti, badando a non turbare troppo i vicini, a non inimicarsi la chiesa. Riusciva quasi a vedere quel groviglio di poteri, di rapporti umani, di parole.