- Se Dio è onnipotente, - insisto io, - non può aver sbagliato all’inizio.
- L’onnipotenza di Dio si manifesta proprio nella sua infinita capacità di correggere i propri errori - risponde lui, con un sorriso disarmante.
“Spesso mi ritrovo tutto fasciato di serpi che con le loro lingue forcute mi sibilano nell’orecchio, facendomi impazzire.” Questo è lo stato d’animo di Calibano, esattamente come mi sento io oggi.
E non sopporto di vedere la signorina Stanislaw che continua a camminare in tondo, cigolando. Sì, la nana cigola e cammina in tondo, come un giocattolo rotto, recitando con una strana voce metallica. - Noi siamo formati con gli elementi di cui sono fatti i sogni, e la nostra breve vita si compie come un sonno.
Ma io voglio svegliarmi da questo sonno. Da questo incubo maledetto. E così afferro uno dei rami di legno accatastati per terra, e inizio a prenderla a bastonate.
E lei, per nulla spaventata, continua a camminare in tondo, cigolando e indicandomi con tono severo agli altri bambini. - Un diavolo, un vero diavolo per il quale l’educazione non serve a nulla. Vani, assolutamente vani sono gli sforzi che gli dedicai. E come con il passar degli anni aumenterà la sua deformità fisica, così peggiorerà quella della sua anima.
Allora concentro i colpi su quella mano che mi punta contro, e finalmente le mie bastonate danno un qualche risultato. L’intero braccio le si stacca. Niente sangue. Dalla ferita escono tubicini di plastica che spruzzano un liquido biancastro, e tante rotelline, come di un orologio. Continuo a tempestare di bastonate questa oscenità. Le spezzo una gamba, e la signorina Stanislaw finalmente crolla a terra. Ma l’altra gamba continua a muoversi meccanicamente, trascinando in tondo il corpo che scarica giù una scia di ingranaggi metallici.
- Bambini, venite qui, accanto a me. - La sua voce è oramai quasi impercettibile.
Tutti i bambini le si avvicinano, e io smetto di bastonarla.
- Giurate di non tradire mai il Teatro Sacro, l’Arte Sacra - dice lei con tono solenne, senza smettere di strisciare sul pavimento.
E tutti noi giuriamo, vincolando la nostra vita futura al Teatro, davanti a quel giocattolo impazzito.
Sono fuggita.
Gli altri bambini non sono voluti venire. Sono rimasti a piangere spaventati in cantina, accanto ai resti della signorina Stanislaw. Io non potevo restare. Il direttore sarà molto arrabbiato con me quando si accorgerà che gli ho rotto il suo giocattolo. Ma io con l’orfanotrofio ho chiuso. Vado incontro alla Regina delle Lame.
Corro tra i ghiacci, verso la colonna di luce sfolgorante all’orizzonte, verso l’entrata del Nuovo Mondo. Ho pensato che forse mamma vive già nel Nuovo Mondo, e magari sta solo aspettando il momento buono per venirmi a prendere, per farmi una sorpresa. Ma io non posso più aspettare. E allora corro verso la luce.
E’ da qualche minuto che sento il ghiaccio respirare sotto i miei piedi. Si gonfia e si sgonfia, lentamente. Ma mi accorgo che non è ghiaccio. Sto correndo sul dorso del Verme Bianco, saltando sopra le sue scaglie ossee. Quando avverto il fetore, alzo lentamente lo sguardo, e la sua bocca orrenda è spalancata su di me. Le immense zanne di avorio mi sgocciolano addosso una densa bava schiumosa.
Poi sento i passi. Passi rintronanti, passi che esplodono come tuoni, passi che fanno vibrare anche il Verme Bianco. Mi volto e lo vedo arrivare. E’ il direttore, ma ora è un gigante. Cammina lentamente, ma con ogni passo percorre centinaia di metri. L’orologio enorme che ha in mano emette solo un leggero ticchettio.
Tik, tok, tik, tok.
E la terra non trema più. Il verme bianco non respira più. Anche le gocce dense della sua bava si fermano a mezz’aria.
Regina delle Lame, proteggimi tu.
Quando la Regina delle Lame torna a casa, non ha certo voglia di giocare. Non dopo un’altra giornata di merda trascorsa a pulire i cessi del fast food. Getta sul divano i suoi 100 chili di cellulitica depressione e si accende una sigaretta. Finalmente può respirare. Afferra il coltello da cucina e comincia a sbucciare carote, come ogni sera da quando quello stronzetto del dietologo le ha predetto un infarto, imminente e doloroso.
- Mamma, ti prego, giochi con me?
E questa piccola stronza che vuole? Non capisci che sono stata fino adesso a fare un lavoro di merda? Magari potessi stare tutto il giorno a casa da sola davanti alla televisione, come te, senza fare un cazzo.
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