E’ che dietro al muro della villa non c’è niente. Niente di niente. Neanche la villa, che adesso sto osservando dall’altro lato della strada, in piedi su un marciapiede gommoso.
Le luci non fanno ombre sulle sue pareti venate da crepe, ci affondano senza lasciare traccia, col tetto che sembra puntare altrove seguendo geometrie tutte sue. Nessuna rappresentazione è perfetta, dovrebbero accorgersene.
E il fetore: qua intorno è insopportabile, come se qualcosa stesse decomponendo la realtà; la nostra.
Ci sono loro poi, ovvio, indaffaratissimi come un branco di formiche sclerotiche. Girano intorno alla villa con le maschere perché di aria non se ne parla; c’è come un vuoto. Forse una specie di imbuto a rovescio, che ogni tanto li ingoia espellendoli da qualche altra parte, o almeno credo, ma che più spesso li rigurgita di qua come bile istantanea che prende forma.
Io l’ho scoperto, e fin qui poco male.
Il problema, è che loro lo hanno capito.
Il Dodo è stato il primo ad accorgersene. Transitava di lì con la solita supponenza, becco al vento e bastone in mano. Mi si sono arricciate le piume, mi disse eccitato. Tutte.
Non che non si possa credere al Dodo, è un tipo degno di fiducia nonostante le piume e tutto il resto, ma è che da queste parti ne abbiamo viste troppe negli ultimi anni per preoccuparci del primo tipo eccitato che si incontra.
Poi è sbucato quel coso dal muro di cinta... Non so se mi spiego. L’ha attraversato, così, come se non esistesse, insistette il Dodo. Se ne è rimasto metà di qua, e metà di là. Un ribrezzo che non vi dico. Forse, m’è anche caduta qualche piuma.
Il Dodo è fatto così.
Guglielmo, che ama contraddirlo, replicò che non c’era niente che non andasse in quel muro, figurarsi, e per provarlo tentò di arrampicarvisi, senza riuscirvi. Il che è strano per una lucertola. Il fatto causò un putiferio di chiacchiere tra pazzi, come al solito.
E’ un incubo, ne sono sicuro; ma un incubo non ha logica e risponde a leggi tutte sue. Ecco, quella villa è un incubo e io non ne posso più di questo marciapiede di merda che risucchia le mie zampe. Forse la stanno cercando, dopo tutti questi anni, ma è un’ipotesi plausibile quant’è vero che indosso guanti neri. Gli altri dicono che probabilmente c’è un’anomalia da qualche parte, che il passaggio s’è spostato o che un altro varco è sempre possibile perché qui le cose vanno come vanno. Cazzate. Loro hanno trovato il modo per aprirsi una strada dove gli pare e piace, ecco cos’è. Perché di una sola cosa sono sicuro: che non hanno preso lo stesso tunnel che usò Alice quando arrivò da noi.
Il fungo galleggia a lato del sentiero, circondato da una nuvola di fumo. Col tempo, il Bruco usa sempre di più la sua pipa, soprattutto quando è nervoso.
- E’ davvero come ho sentito? - mi chiede.
- Anche peggio.
Il Bruco Turchino, così lo chiamiamo, emette una colonna di fumo che va su in aria, dritta come un ago. Nel farlo, la sua bocca assume una piega ironica. - Lo sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto - sentenzia.
- Già.
- Ci siamo trastullati, illusi ed ecco il risultato. Ai miei tempi era tutto diverso. Cosa pensi di fare?
Perché lo chiedono tutti a me? Come se io avessi le risposte, sempre. - Non lo so. Forse sarebbe meglio riunirci, discuterne.
- Lo sai come va a finire poi... Tu sei l’unico a essere stato dall’altra parte, ti seguiranno.
- Questo non mi dà automaticamente una risposta pronta.
Alza le spalle, il Bruco, o quel che ha appena sotto al collo. - Siamo rimasti in pochi, un vantaggio indiscutibile; dai retta a me, è ora di dare una svolta perché per quanto possa sembrare assurdo finiremo col morire, quaggiù. Tutti.
La tradizione dà stabilità e così, a dispetto di chi pensava che la cosa fosse di cattivo gusto, la Regina nuova scelse a suo tempo la stessa dimora della vecchia.
Personalmente non ho mai sopportato quel residence vittoriano con finte terrazze e giardini labirinto dall’aspetto irrancidito; e gli alberi che, da quando è arrivata lei, sembrano esangui. Persino i cigni e i criceti, strumenti abituali delle infinite partite di croquet, sono scomparsi chissà dove, forse uccisi.
Due valletti in livrea mi fanno passare senza fare domande, con le parrucche inanellate e incipriate che si chinano fino a sfiorare il pavimento dell’ampio porticato ormai deserto.
- Una visita dell’antico consorte alla Regina! - dice solennemente il primo.
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