Marina, come nasce questo saggio? Cosa può rendere secondo te un saggio estremamente noioso o particolarmente interessante? Cosa secondo te può rendere un libro più interessante di un altro?

Il saggio nasce da una sfida e un'opportunità.Quanto a cosa può rendere interessante un saggio, non è una domanda semplice. Io sono una grande consumatrice di saggistica, il 90% dei libri che compro appartiene a questo genere e personalmente i punti di forza che apprezzo sono almeno due: anzitutto la sensazione che l’autore sappia di cosa sta parlando; poi il fatto che non cerchi di ‘allungare il brodo’. Quest’ultima è una cosa che mi dà tremendamente sui nervi, come lettrice. E’ un vizio che ho visto soprattutto in alcuni saggi americani: l’autore ha tre o quattro buone idee/concetti, ma per tirarne fuori un libro intero si dilunga in pagine e pagine in cui ti spiega quanto sono buone quelle idee prima ancora di avertele esposte. Questo ti dà la sensazione di essere un po’ preso in giro. Insomma, alla cosiddetta ‘captatio benevolentiae’ c’è un limite.Se, infine, l’autore di un saggio riesce anche a rendere il testo scorrevole, tanto meglio, anche se non è sempre possibile, dipende anche dalla materia trattata: se uno legge l’Interpretazione dei Sogni a completo digiuno di psicanalisi, si trova davanti un mattone, ma non per questo si può affermare che l’Interpretazione dei Sogni non sia un saggio valido o interessante.Riguardo infine alla letteratura, beh, temo che qua le opinioni regnino sovrane: cosa fa venire i brividi a una persona e lascia un’altra indifferente? Ogni personalità recepisce un input in base alla propria ‘costitituzione’ e in base alle proprie esperienze formative. Io, specialmente in campo artistico, non credo ai canoni assoluti. Per quanto mi riguarda la genialità non sta tanto nell’originalità dell’idea di partenza, che probabilmente non è pensabile, quando nell’originalità di arrivo, ossia nel saper prendere un qualsiasi tema già trattato e svolgerlo da un’angolazione per cui il risultato finale non è mai stato presentato prima d’ora in quella forma.

Hai tratto spunto da qualche scrittore in particolare per strutturare il tuo saggio? (e quindi… com’è strutturato?)

No. Anzitutto non volevo essere influenzata da qualche lavoro altrui, per cui mi son guardata bene dal leggere saggi su Harry Potter, italiani o inglesi. So bene che, anche solo a livello inconscio, leggere qualcosa di attinente a ciò cui stai lavorando può influire su quello che scrivi e io volevo evitarlo il più possibile. Volevo esprimere la mia ottica, la mia chiave di lettura, il mio metodo di ricerca.Ho pensato anzitutto a un impianto che potesse essere il più possibile esaustivo, tenendo comunque conto del limite di pagine prestabilito. Chiaramente molte cose hanno dovuto essere tagliate (per esempio, non è stato possibile effettuare una disamina linguistica di tutti i nomi della saga, perché sarebbe uscito un libro a sé: così ho preso in considerazione solo i principali), ma credo che il libro contenga una buona panoramica a 360° sul mondo di Harry.Per la struttura, ho tenuto i libri e film come punti fermi e poi ho studiato quello che ruotava loro intorno in modo da completare il discorso. Quindi mi sono chiesta qual’era la cosa più simile a un libro di saggistica che mi è capitato di scrivere nella mia vita. La risposta, buffa se vuoi ma ha funzionato, è stata…la tesi di laurea! E’ più facile organizzare e strutturare del materiale quando l’hai già fatto almeno una volta, anche se in un frangente diversissimo, per cui ho trovato comodo conservare quello che, nel metodo di base dell’epoca, poteva tornarmi utile, chiaramente adattandolo alla nuova situazione.La cosa buffa è che, per una strana coincidenza, la prima bozza dell’indice l’ho buttata giù… in treno. Ho idea che Harry abbia un legame speciale coi treni, visto che anche la sua storia è nata su un treno. Naturalmente era un indice che poi ho dovuto perfezionare, ma il primo seme è nato in quella situazione ‘ferroviaria’.

Per quanto riguarda il filo conduttore del saggio, anche qui ho cercato di dargli un’impronta inusuale: ho voluto raccontare una storia. Che non è la storia della Rowling (sarebbe stata allora una biografia), e non è la storia di Harry (per quello esistono già i suoi romanzi). Ho cercato di tracciare la storia, la biografia di quella che io chiamo la ‘Potter-Idea’ (e che nel saggio viene chiamata ‘l’Incantesimo Harry Potter’). Un’entità a sé che nasce in circostanze particolari, muove i suoi primi passi nel mondo babbano, acquista una personalità cartacea prima e cinematografica poi e usa questi mezzi come espressione delle varie sfaccettature della propria identità. Un’entità con una forza dirompente che frantuma qualsiasi ostacolo, anche a dispetto degli inconsapevoli errori di una Rowling esordiente e incerta sul da farsi, perché l’energia che la muove è quella più potente di tutte: un sogno cullato a lungo dalla sua sognatrice. Non so se quello che sto dicendo ha senso per chi legge quest’intervista. Spero di sì e spero che ne avrà ancora di più se deciderà di leggere anche il libro. A me è sembrata una ‘favola nella favola’ che valeva la pena di raccontare, anche perché in giro c’è così poco incoraggiamento a cullare i propri sogni (che io considero, senza voler fare retorica, una parte essenziale della nostra vita), che è un delitto sprecare un buon esempio e non raccontarlo alla gente.

Il messaggio sotteso al saggio vuole dunque essere anche un “non mollate, se è un sogno a cui tenete vale la pena tenere duro”. Naif? Idealistico? Forse, ma è quello che penso e che non perdo occasione di ribadire ai più giovani, così frequentemente disillusi e spesso tirati su a pane e pragmatismo. Vorrei anzi che in passato fosse stato detto più spesso anche a me.

Qual è l’insieme di informazioni, la parte del libro che ti soddisfa di più?

Mah, è sempre difficile giudicare il proprio lavoro. Ci sono momenti in cui sei soddisfatto e dei momenti in cui hai tutti i dubbi di questo mondo e getteresti tutto nel cestino. E spesso tutto questo non ha nulla a che vedere con il libro in sé ma semplicemente col tuo umore della giornata, questo lo sa bene chiunque abbia provato a scrivere qualcosa, anche solo un articolo.