Ogni mitologia ha il suo drago

Nell'antica Grecia il mito del drago si fonde con quello di una nostra vecchia conoscenza, il basilisco. Sempre di una creatura mostruosa dall’aspetto rettile si tratta. Diciamo, in linea di massima, che si parla di basilisco quando il mostro ha un aspetto più serpentino e dimensioni modeste, mentre i compatrioti di Socrate parlavo di drago quando si figuravano davanti agli occhi un lucertolone enorme, con le zampe e magari anche le ali.

In genere, per i greci, i mostri simili al drago tendevano ad avere più di una testa, tanto per non rendere facile la vita degli eroi. Le leggende sono tante.

Lo stesso Crono, titano figlio di Urano e Gea, viene spesso descritto come un drago. Volendo stabilire una specie di cronologia post-crezione del mondo, nella fiction della mitologia greca, una delle prime apparizioni del drago avviene con Tifone.

Tifone era uno dei Titani, le divinità sconfitte da Zeus poco prima che il barbuto padre degli dèi decidesse di stabilirsi sul monte Olimpo con famiglia al seguito. Figlio di Gea e Tartaro, Tifone era un mostro allucinante: ultimo dei suoi, imprigionato in Asia Minore, aveva cento teste di drakôn, e dimensioni che superavano quelle delle più alte montagne. Le sue teste sputavano fuoco e roccia, in un’orgia di distruzione di cui Tiamat sarebbe andata fiera. Solo Zeus ebbe abbastanza forza da opporsi al mostro, e alla fine riuscì a gettarlo nello Ionio. Il fuoco di Tifone faceva bollire le acque e provocava maremoti, anche dal fondo del mare. Zeus risolse la cosa strappando un pezzo del fondale oceanico a Poseidone, e lo gettò sul gigante. Nacque così la bella Sicilia.

La tomba di Tifone la possiamo vedere ancora oggi, e proprio una tomba non è: il mostruoso giante-drago, infatti, ogni tanto trova ancora la forza di sputare un po’ del suo fuoco. Stiamo parlando dell’Etna, e di che altro? Zeus non sistemò mai del tuto il suo arcinemico, troppo impegnato a sbirciare sotto la gonna della ninfetta di turno. Certo, se Tifone avesse avuto gli stessi hobby del padre degli dèi, forse ci sarebbero stati molto meno guai. Ma non si può biasimarlo, non è che il suo aspetto lo candidasse proprio come rubacuori. E poi, così, non avremmo avuto i cannoli, la tarantella e un sacco di altre bellissime cose.

Giasone e il Drago, di Salvator Rosa. VII secolo
Giasone e il Drago, di Salvator Rosa. VII secolo

Un altro drago di grande rilevanza nella mitologia greca è quello che compare nella leggenda di Giasone e i suoi Argonauti, alla ricerca del Vello d’Oro d’ariete sacro ad Ares. Aiutato da Medea, l’eroico Giasone, che era pure aspirante erede al trono di Tessaglia, dopo mille difficoltà, riuscì a raggiungere il mitico Vello d’Oro, un artefatto dai poteri potentissimi, custodito proprio da un drago; Il bestione finì per farsi addormentare da una pozione di Medea.

Come insegna la storia di Ulisse, pare che questi eroi greci se la cavassero meglio con l’astuzia che con i muscoli, di fronte a certi aniamaloni tipo i draghi. Impossibilitati a citare tutte le fonti dei miti greci, ci limitiamo a ricordare che il primo a raccontarli fu Esiodo (VIII-VII a.C.). Se amate il fantasy, e se così non fosse non sareste qui a leggere, un bel ringraziamento per aver contribuito a creare questo genere di narrativa va proprio a lui.

Nella mitologia scandinava, Níðhöggr è il serpente drago che infesta Yggdrasil, l’Albero della Creazione, le cui radici arrivano fino agli Inferi e i cui rami sostengono la Volta Celeste. Níðhöggr voleva distruggere l’ordine del Creato, e così passava tutto il suo tempo a mordere le radici di Yggdrasil. Quando proprio non aveva fame, il nordico serpentone si divertiva insultare l’aquila magica appollaiata sui rami dell’albero.

Da un'antica antica stampa cinese
Da un'antica antica stampa cinese

Il nostro drago compare anche il riferimento al Ragnarok, la caduta degli dèi con conseguente fine del mondo, ineluttabile destino del pantheon scandinavo. Qui Níðhöggr avrebbe portato i cadaveri dei morti fra le piume, nel suo volo sopra il mondo rinato.

Comunque, alle radici di Yggdrasil, Níðhöggr non era solo; con lui tanti altri rettili malefici come Góinn e Móinn, Ófnir e Sváfnir, Grábakr e Grafvölluðr. Una delle tante prove da superare per diventare redattori di Fantasy Magazine, consiste nel dover pronunciare tutti questi nomi correttamente per centouno volte di fila, con una patata in bocca; saltellando su un piede, naturalmente.

In Cina, il drago viene chiamato lung e gli sono associate saggezza e fortuna. È l’animale magico per eccellenza, simbolo per secoli dell’imperatore e di tutto ciò che c’è di sacro. Viene rappresentato col corpo serpentino, di solito dotato di quattro zampe e lunghi baffi; stringe una perla, simbolo del suo potere e mistero. La sua esistenza è strettamente legata alle Diecimila Cose, cioè il mondo, e alla loro origine: i due concetti fondamentali di Yin e Yang del Taoismo, oscurità e luce, decadenza e rinascita, tranquillità e impeto.

Quetzalcoatl
Quetzalcoatl

Nel Continente Americano, almeno al centro-sud, il drago prende le forme di un serpente piumato e riveste primaria importanza nella creazione del mondo; il che significa che nella maggior parte dei casi ne è l’artefice, qualche volta la figura antagonista al Creatore, altre il progenitore di questa o quella popolazione. La sua denominazione più famosa, è quella azteca, Quetzalcoatl, cioè, letteralmente, serpente piumato rivestito di divinità (Quetzl). Un po’ tutte le civiltà precolombiane hanno seguito il culto del serpente, almeno fino all’arrivo dei conquistadores. Abbiamo i Maya, che lo chiamavano Kukulkán, gli Olmechi, i Miztechi e i Toltechi. Motezuma II, quando vide lo sbarco di Cortés e i suoi, credette fosse tornato Quetzalcoatl. Quanto si sbagliava.