Riportata in modo integrale, questa è una delle prime recensioni che segue l'anteprima Neozelandese. Il giudizio, come potete vedere, è positivo.
Bene, è tornato! Il film evento del millennio – tre superbi film che ricreano i romanzi epici di J.R.R. Tolkien – raggiunge il climax con Il Ritorno del Re.
Per il terzo dicembre di fila l’anno si conclude con una potente rinarrazione cinematografica della guerra della Terra di Mezzo mentre l’hobbit Frodo (Elija Wood) e la sua compagnia composta da umani, elfi, nani e dallo stregone Gandalf (Ian McKellen) si getta in battaglia contro il potere oscuro di Sauron a Mordor.
Il re, nella storia, è quel bel pezzo di ragazzo di Aragorn (Viggo Mortensen), umano e soldato. Ma in realtà, il vero Signore degli Anelli è Peter Jackson. Il regista neozelandese ha trascorso ben sette anni nella realizzazione della trilogia in collaborazione con autori del calibro di Fran Walsh e Philippa Boyens. Jackson ha scelto personalmente il suo eccezionale cast, ha orchestrato gli straordinari effetti speciali – l’intero bestiario di Tolkien in marcia in un reame fantastico.
In Il Ritorno, i troll giganteschi, gli elefanti a quattro zanne e i serpenteschi animali volanti di Mordor stupiranno gli adulti e potrebbero spaventare i più piccini. La mostruosa Shelob che zampetta verso Frodo e lo imbozzola in una serica camicia di forza, offrono un delizioso brivido da film dell’orrore.
Gli spettatori non possono assolutamente guardare il film come se vedessero un videogioco, ne vengono sedotti fino al punto di immedesimarsi in esso. In una splendida immagine, Pipino (Billy Boyd) tenta di accendere un fuoco sulla cima della cittadella di Gondor per avvertire i suoi lontani compagni d’arme guidandoli verso una vittoria militare, nel frattempo, su una collina distante, si accende un secondo fuoco le cui fiamme rimbalzano da vetta in vetta, ancora e ancora fino all’alba. E’ tempo di guerra.
I film della Trilogia celebrano le virtù guerresche di vecchio stampo: onore, obbligo morale, cameratismo, sacrificio – il tirare avanti sotto un immenso e schiacciante fardello. Sebbene la Trilogia strizzi l’occhio all’avventura in realtà è la testimonianza dell’enorme sacrificio che ogni guerra comporta. Il panico segna i volti degli eroici guerrieri. Sanno quanto numerosi siano i loro nemici e sanno che il giovane hobbit che porta l’anello è lontano da loro, certo in pericolo, forse perso per sempre. In un momento epifanico del film Aragorn chiede a Gandalf: “Che cosa ti dice il cuore?”, e mentre il viso dello stregone per un attimo si illumina, egli risponde “Che Frodo è vivo”.
Le battaglie magnificamente coreografate rappresentano un diversivo rispetto alla grande narrazione della storia: tre minuscole persone, Frodo, il suo compagno Sam (Sean Astin) e l’ex-hobbit Gollum (l’attore Andy Serkis e i geni degli effetti speciali) che si dirigono verso Monte Fato con il compito di distruggere l’anello. Il servile e abile Gollum è il servo ribelle, il contraltare degli impulsi altruistici di Sam, che tenta di allontanare la fiducia del pallido, ansimante Frodo dal suo amico (le torbide emozioni di Gollum sono così persuasive e questo cattivo creato dal computer si integra così convincentemente con gli attori in carne e ossa che recitano con lui da meritare un Oscar Speciale per la Migliore... Cosa). La devozione di Sam è commovente, la sua supplica a Frodo: “Non andate dove non posso seguirvi!” lo rende il vero eroe del film.
Durante le sue tre ore e venti minuti, Il Ritorno del Re, ogni tanto rallenta un po’ troppo. C’è un lungo passaggio dove una mezza dozzina di personaggi, a turno, meditano e arzigogolano troppo a lungo. Dopo il climax c’è un’eccessiva quantità di incontri e addii, sembrano versioni estese degli addii del Mago di Oz. Ma Jackson è autorizzato. Di certo è convinto che lui e i suoi compagni abbiano vinto la loro personale ed eroica battaglia e che i sentimentali addii siano ben meritati. E davvero lo sono: la seconda metà del film eleva tutti gli elementi della storia a un crescendo beethoveniano . Qui ritroviamo un’opera epica con spessore letterario e splendore lirico, qualcosa che si può ottenere soltanto al cinema. Che cosa può esserci di più meraviglioso?
Questo: in alcuni cinema, la Trilogia dell’Anello sarà proiettata nella sua interezza. Un viaggio di 9 ore e 17 minuti: tre enormi realizzazioni per un unico, supremo coinvolgimento. Il piacere trionferà sulla stanchezza nel rivivere questa grande recherche umana, un vero trionfo cinematografico.
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