Ovviamente non mi avresti fatto questo discorso, se in qualche modo non ti riguardasse, vero?
Certo che no, ma prima è necessario, ricostruire brevemente la mia storia, per il pubblico più giovane, credimi.
Va bene, ricostruiamo.
Dunque, io sono Amleto Junior, figlio di Amleto re di Danimarca. La mia storia comincia dopo che mio padre è già morto da un po’ di tempo; almeno il tempo sufficiente per far sì che mia madre sposi mio zio nonché fratello di mio padre, e cioè quel Claudio che si fa incoronare come sovrano. Il fatto è che questo mio zio ha nel segreto assassinato mio padre, per salire al trono e infilarsi nel letto di mia madre.
Mica male, ce n'è da far saltare l'equilibrio mentale anche della persona più quieta di questo mondo.
Appunto. I veri problemi cominciano quando lo spettro di mio padre appare prima ad alcune guardie e poi a me, rivelandomi l’amara verità e invocando vendetta.
Come reagisci?
Male in tutti i sensi. Intanto in quel momento sono un giovanotto di belle speranze, che tutto sommato può sorvolare sull’irritante fatto che mia madre si sia tosto dimenticata del lutto a opera di un parente stretto, proprio perché aitante e dedito a svariati piaceri.
In certo senso, provo un inconfessabile rancore nei confronti del mio blasonato genitore, perché ancora una volta, pur dopo morto, mi richiama ai miei doveri dinastici, impedendomi di sguazzare impunemente nelle mie lascivie come evidentemente desidererei. Lui ancora una volta si trova ad incarnare il mio “dover essere”.
Ma se a te non importava, perché non te ne sei fregato?
Questa è la versione di me fatta da quel salentino geniale e sgretolato che è Carmelo Bene; in realtà è più facile a dirsi che a farsi: tu mi hai chiamato “rock-star”, o te ne sei già dimenticato?
No, anzi, lo confermo.
E allora ricorda che non c’è altro personaggio in drammaturgia o al cinema o in letteratura che al pari di me mostra una tale consapevolezza di avere un pubblico: ogni mio gesto, ogni mia parola, ogni mio silenzio sembra fatto in simbiosi con esso. Del resto, anche nella scrittura di scena non sono praticamente mai solo, perché dal momento in cui fingo di essere pazzo, c’è sempre qualcuno che mi spia.
E’ in uno di questi momenti che ammazzi Polonio!
Adagio, adagio. Il mio travaglio è dato dal conflitto interiore di cui sopra; tra la mia natura godereccia alla maniera di Carmelo Bene e la necessità di soddisfare un pubblico, e a questa miscela possiamo aggiungere pure un goccio di sano pessimismo predestinazionista paraprotestante. Hai presente Muhammad Alì?
Ma chi, Cassius Clay?
Massì, cominciò a farsi chiamare Alì subito dopo l’oro delle Olimpiadi di Roma; comunque sempre lui, Alì o Clay che dir si voglia. Quando quasi quarantenne abbandonò la boxe, non poté sopportare che sul trono salisse quello che fino a poco tempo prima era stato il suo sparring partner.
…Larry Holmes.
Esatto: oltretutto un ottimo pugile, che però non somigliava lontanamente alla genialità del maestro. Ingrassando e invecchiando, Alì lo vedeva alla televisione alzare le braccia trionfante, e intanto sentiva quell’antica voce crudele dagli spalti, che gli diceva: Muhammad, come puoi permettere questo?! L’hai usato come scendiletto per anni, e adesso guarda come approfitta della tua assenza: fa’ qualcosa!
Come il principe Giovanni in assenza di Riccardo Cuor di Leone.
Di più: come Elvis quando arrivano i Beatles; come quando Humphrey Bogart soppianta James Cagney dopo essere stato per anni il suo comprimario. Il risultato è che Alì torna sul ring, e si fa massacrare di botte.
A parte il fatto che tornerà sul ring un'ulteriore volta contro Trevor Berbick, buscandole di nuovo, tu prima di finire ucciso nel gran finale, di fatto, porti a termine la vendetta; quindi non sei assimilabile agli esempi che mi hai fatto, o no?
Ti ho fatto questi esempi perché il meccanismo che mi spinge a scendere in campo è lo stesso: il bisogno assolutizzante di soddisfare la platea, fino alle estreme conseguenze; con la mia morte sul palco: come Houdini, come Jimi Hendrix, come Jim Morrison, come Sid Vicious e poi vai avanti tu, fino all’epoca attuale.
Come Pantani, come Cobain…
La cosa più straziante è che tutti quelli che abbiamo citato, compressa o dimenticata finché vuoi, avevano una loro vita; per lo meno una parvenza di ricordo, un lascito da “posto delle fragole”.Io invece, sono stato inventato apposta per finire al macello, al termine della solita sfilza di morti ammazzati; e sono condannato a ripetermi così, come un replicante, all’infinito; finché qualcuno sulla terra o da qualche parte nell’universo si ricorderà di me. Il problema è che come hai detto tu all’inizio di questa nostra conversazione, con ogni probabilità, finché nel mondo ci sarà un palcoscenico, ci sarà qualcuno che pronuncerà quel terribile mantra: “essere o non essere”.
E qualcuno che si sentirà in dovere di ammazzare Polonio!
Eddài! Allora dimmi: chi è Polonio; voglio dire: chi mi rappresenta?!
E’ il saggio consigliere del re.
Saggio un corno! Ha solo la parvenza del saggio, ma è un vecchio rincitrullito che agli occhi miei come di tutti merita un minimo d’importanza per il solo fatto di essere padre di Ofelia (oltreché di Laerte). Per tutto il tempo non fa che accarezzarsi la barba e guardare verso l’alto in cerca d’ispirazione, ma, facci caso, non ne azzecca una dall’inizio alla fine: basti pensare che è convinto che la mia follia sia dovuta al fatto di essere stato respinto da sua figlia. Il bello è che se ne vanta pure, il saggio idiota, senza rendersi conto che in quanto a follia sua figlia non scherza per niente! Insomma: dopo l’ennesima volta che me lo ritrovo tra i piedi con le sue balordaggini imbellettate da simulata sagacia, in un impeto di rabbia lo faccio fuori: proprio lui, che (miserabile) pensava di aver escogitato un piano perfetto per “neutralizzarmi”. Figurarsi….
Del resto sono pazzo o no?
Veramente, nella tragedia che porta il tuo nome fimgi di essere pazzo, per portare meglio a termine i tuoi propositi.
Davvero? E credi che sia possibile simulare un atteggiamento a quei livelli restandone illesi? Ti ricordi Ovidio? Sovente amor simulato si tramutò in vero. Fingere, caro mio, vuol dire in qualche modo essere; lo dice anche l’ Arte della guerra di Sun Tzu: per simulare debolezza, è necessario essere sommamente forti.
Ma allora… essere una star nuoce gravemente alla salute!
Ma allora, fino a ora ho parlato al vento?
4 commenti
Aggiungi un commentoGiorgio è sempre un MUST.
Geniale
Complimenti all'autore di queste interviste
Eì sempre un piacere leggere queste interviste
Spettacolo!
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