Si può dire che è stato il mito di molte generazioni?
Sì, si può dire perché è vero, però è banale; banale ma anche vero come pochissimi altri casi, e forse nessuno. La mitologia contemporanea che a noi interessa, spesso si trova svantaggiata rispetto a quella della classicità perché quest’ultima ha nell’immaginario collettivo secoli di stratificazione; tanti da trovare da sola la forza per la propria affermazione in campo culturale. Quando ti metti a citare o a fare esegesi su un mito della contemporaneità, invece, devi sempre fare i conti con l’anticorpo dello “snobismo-classificatorio-costante”; quello che considera “arti minori” il cinema, il fumetto e tutta la musica “pop”.
Ma lui è un simbolo troppo raggiante, per poter rimanere impigliato in tali ansie enciclopedistiche: lui è il “Piccolo Alex”, da quando Arancia Meccanica uscì nel ’71, e lo sarà ancora per lungo tempo.
…Ehi, fratello: non dimenticare che prima del film io sono il personaggio di un raffinato romanzo di Anthony Burgess, che non a caso in italia fu edito da Einaudi; dici poco?
Sì, sì: era il famoso libro in cui in quarta di copertina Stanley Kubrik veniva confuso con Stanley Kramer; a riprova che gli editor seriosi del cinema se ne fregano, ma non è questo il punto; il punto è che con tutto il rispetto per Burgess, tu diventi mito con Kubrik.
E questo per certi versi oscurerà la bellezza del libro; un po’ mi dispiace, perché mi sembrava un signor libro…
Sono d’accordo: l’impatto mediatico dirompente del film ha oscurato il grande prodotto letterario da cui proveniva.
C’è da riconoscere che Stanley è riuscito in un’impresa difficilissima, quella di trarre un grande film da un grande libro; prendi a esempio Il Maestro e Margherita, altro cavallo di battaglia einaudiano: il film che ne hanno tratto è davvero friggibuco!
Noto che usi il linguaggio della traduzione del libro, e non di quella del film… d’altronde a ognuno i suoi vezzi. Il risultato, comunque, è questo: Il Maestro e Margherita, a torto o a ragione è sempre considerato un pilastro della letteratura, e Clockwork Orange no!
Insomma, intendi dire che se qualcosa funziona al cine poi le altre arti, per così dire, si vendicano?
In un certo senso, ma ora veniamo a te, che di queste sottigliezze, come detto, te ne puoi fregare; dunque: tu nasci come summa della cultura hippy; però di una cultura hippy che ha già smesso da un pezzo di essere love and peace per scoprire il suo ghignante volto oscuro…
Ghignante e piccolo borghese; per questo il qui presente poi diverrà anche un idolo della generazione successiva: quel punk che pur non appartenendomi nemmeno di striscio apprezzava in me la mancanza di ipocrisia e lo smascheramento di “strilloni” che sotto i proclami per la pace e l’amore in realtà nascondevano solo il desiderio di costruire una vera e dissolutoria civiltà “degli appetiti”, in cui l’alcol, la droga e il sesso sarebbero stati gli unici dei.
Ma se tu eri il paradigma della civiltà che i punk tanto odiavano, cioè quella dei figli della borghesia che passano tutto il tempo nelle comuni a spinellarsi perché hanno tempo e denaro per poterselo permettere, perché ti hanno amato?
Come si chiama quella cosa della mitologia…il velo di Maia? Massì, io per loro ero utile proprio perché ero il giovane hippy che mostrava quanto il loro odio per la generazione precedente fosse motivato; e poi c’era tutta quella violenza liberatoria che faceva da emulsionante!
Emulsionante?
E’ un termine che ho imparato all’infermeria del mio primo riformatorio: la violenza che io offrivo era il plasma dentro cui galleggiavano mille particelle contraddittorie. Insomma, il fetore stagnante del buonismo asfissiava già anche ai miei tempi, che ti credi?
Poi con l’ultima distribuzione italiana del film nelle sale da prima visione diverrai pure l’idolo degli “anni di cuoio”; cioè dei teppisti da stadio.
In particolare quelli della Juventus metteranno a segno un bel colpo, prendendomi a loro simbolo. Del resto, io e i miei soma eravamo vestiti di bianco e nero; c’è poco da dire…
Ma con il calcio si verifica un’altra contraddizione che ti accomuna proprio agli hooligans: non ho mai capito come molti di loro possano ostentare simboli nazifascisti, quando mi sembra ovvio che in uno stato hitleriano quelli come loro sarebbero proprio i primi a finire nei lager; a meno che, naturalmente, quel tipo di stato non fosse proprio opera loro. Tu come te lo spieghi?
Anch’io all’epoca mi beccai le mie brave accuse di fascismo, come del resto ogni fenomeno mediatico che avesse anche solo la parvenza di una qualche ambiguità; però sono d’accordo: le accuse di fascismo nei miei confronti sono strampalate; io sono (o meglio ero, perché alla fine del romanzo mi converto) un teppista, e in uno stato dittatoriale sarei finito subito sulla forca, a meno che, come dici tu, il ministro di grazia e giustizia non fossi stato proprio io! Comunque né nel film, né nel libro c’è alcunché che mi possa accomunare ai nazi: nella pellicola solo di striscio si vede uno vestito da droog che porta un elmetto stile whermacht, e i brani tratti da Il trionfo della Volontà sono usati a mo’ di tortura.
Insomma, per quanto esecrabile, il tuo fenomeno c’entra poco con quello del nazismo…
Se non sbaglio, il nazismo cercava a tutti i costi una sua etica, sanguinaria finché vuoi, che cercava di instaurare con la ferocia, io, invece, sono la negazione di qualsiasi etica; sono un “non-io” cosciente di esserlo che si rende perfettamente conto che non potrebbe darsi nessuna forma di convivenza, se solo tutti fossero come lui. Insomma, io non voglio instaurare uno stato a mia immagine e somiglianza, perché per esistere ho bisogno proprio di una società come quella che abbiamo.
Però l’accusa non te la sei beccata solo tu, ma il film tutto…
Sai, sono troppi i luoghi comuni presi letteralmente a calci, per non dare fastidio.
Intanto quella tremenda bufala secondo cui l’uomo nascerebbe buono, e poi sarebbe la società a farlo diventare cattivo. Non è solo una fola del ‘700; è diffusa ancora oggi. Prendi ad esempio uno di quei tanti psicologi anche rinomati che oggi affollano i salotti televisivi; hai presente cosa dicono ogni volta che sono invitati a dire la loro su qualche atto di violenza?
Che cosa dicono?
7 commenti
Aggiungi un commentoMacché, Giorgio non ha colpa (me lo aveva anche detto di correggere). Sono io ad essere distratto
Ora è a posto
Complimenti a Giorgio, le sue interviste sono eccezionali...
Letteralmente geniale. Mi è piaciuta anche più dell'intervista ad Amleto
Caro Giorgio , il tuo graffio adamantino è degno dei gironi dell'inferno ! Sublime scrittura ! potessero i politici di tutti i palazzi nettarsi la bocca con la stessa grana della tua magnifica penna smeriglio .
allora si che ci si capirebbe qualche accidente !
sei un grande.
Fabiano e Giorgia
A giò, fatti mettere un richiamo sulla homepage, che ho fatto una fatica boia, a trovarti.
Comunque bella, hai informato Malcolm?
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