Siamo infine giunti all’ultimo appuntamento del nostro già vasto approfondimento sul Ciclo di Darkover. Marion Zimmer Bradley e la sua decennale saga sono state indagate a fondo, senza riserve di sorta, per chiarirne – dove possibile – i lati oscuri e le tante incongruenze. Resta però da investigare l’origine profonda di una saga che, per parola di vari critici e letterati, è indicata come la massima espressione di quel genere narrativo che va sotto il nome di science-fantasy. Cos’è la science-fantasy? Quando ha avuto origine? Chi ne è il padre fondatore (o la madre fondatrice?). Quali sono le caratteristiche di questo particolarissimo (e poco studiato) genere letterario? E Darkover, come si pone all’interno di questo ampio quadro generale?
Per rispondere a queste ultime domande, non ci resta altro d fare che spingerci fino alle origini di questo particolare e affascinante genere letterario, ma col solo intrigante proposito di scorgerne il futuro. Capiremo, forse, perché Darkover è ritenuta la massima espressione della science-fantasy.
Le Origini della Science-Fantasy
Un definizione unanime di che cosa sia science-fantasy non esiste: ed è poco chiaro, anche al giorno d’oggi, cosa può essere ritenuto science-fantasy, e cosa fantascienza o fantasy pura nel vasto regno della letteratura fantastica. Le fonti tuttavia non mancano per poter ricostruire a grandi linee una definizione la più calzante possibile. Secondo vari critici, dunque, science-fantasy è «quel genere letterario che riesce abilmente a mixare elementi base della fantascienza e della fantasy.» Ancora, per distingue questo categoria dello scrivere da certa fantascienza per così dire non proprio “canonica”, si può aggiungere che «la fantascienza rende l’improbabile possibile, mentre la science-fantasy rende l’impossibile probabile e plausibile.»
Tutto ciò a significare che la fantascienza descrive cose improbabili che potrebbero avvenire in determinate circostanze, mentre la science-fantasy dà un senso di realismo a cose che
non potrebbero accadere nel mondo così come noi lo conciamo, nemmeno a determinate circostanze o condizioni. Secondo questa prima definizione, numerosi autori (alle origini del genere fantastico e fantascientifico), come H.G. Wells in The World Set Free o anche Jules Verne (pensiamo a From the Earth ti the Moon) rientrano apparentemente, se ci riferiamo agli anni di stesura di questi volumi, senz’ombra di dubbio, nelle file di quel genere che va sotto il nome di science-fantasy; o così poteva essere all’incirca fino alla metà del XX secolo, quando alcuni dei loro più famosi scritti, grazie a successive scoperte in campo scientifico, rivelarono che “l’impossibile” era oramai divenuto “possibile” e per certi versi attuale (sottomarini, viaggi nello spazio e oltre, fin sulla luna).
Descrivere, dunque, una tecnologia sconosciuta (o una realtà sconosciuta, e improbabile, quasi magica), non è una caratteristica che rende valida la definizione di romanzo appartenente al genere science-fantasy. E dunque pare più che ovvio che anche le definizioni sopra citate lascino purtroppo il tempo che trovano. Allora che cos’è la science-fantasy? Come possiamo riconoscere questo genere letterario? Un buon spunto di partenza, da tenere presente per una prossima definizione di science-fantasy, è quello che ci è dato da Arthur C. Clark il quale affermò che «tutta la tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia,» e noi già sappiamo come la science-fantasy si basi su entrambe: scienza e magia. Dunque, questo genere particolare nasce da una sottile (e oltremodo sapiente) combinazione di tecnologia e magia, termini che a dir poco discordando tra loro, ma che qui trovano un loro perché e un loro essere, fondendosi assieme con sapienza estrema.
Ricordiamo a tal proposito (oltre a Darkover) la saga dei Dragonieri di Pern di Anne McCaffrey, alcune opere di Robert A. Heinlein come Magic, Inc., ai lavori di L. Ron Hubbard, come Slaves of Sleep, e ancora a quelli di decine e decine di maestri di questo (e di altri) generi: da Jack Vance con il romanzo Dying Earth e Frank Herbert con Dune, a Andre Norton con la sua saga di Witch World, fino a Leigh Brackett e Robert E. Howard; a Henry Kuttner e consorte, C.L. Moore, fino alle ultime leve del genere, come Mercedes R. Lackey. E l’elenco potrebbe continuare a lungo, annoverando altri illustri nomi della letteratura fantastica contemporanea. Ma come si sa, ogni genere ha il suo fondatore per eccellenza; ogni genere ha colui (o colei) che per primo si è cimentato con maggiore caparbietà e successo nella stesura di romanzi e racconti apparentemente unici e innovativi. Chi è dunque costui, o costei, per la science-fantasy?
L’Adamo e l’Eva della Science-Fantasy
E’ curioso come la science-fantasy, quella vera, quella che è stata indagata a fondo e a lungo (e con giudizio), sia a opera di due eccellenti firme del mondo letterario fantastico che non solo collaboravano assieme, ma che erano anche marito e moglie (un po’ l’Adamo e l’Eva del genere, sposati dal 1940, e i capostipiti di un nuovo modello letterario), parliamo di Henry Kuttner (1914 – 1958) e C.L. Moore (1911 – 1987), che furono i primi a seguire con
coerenza e perseveranza questo filone, sempre e comunque, anche quando quest’ultimo sembrava navigare in cattive acque; anche quando la fantascienza pura, quella realistica e squisitamente tecnologia, imperversava nelle riviste e tra i grandi premi letterari. E tuttavia questa coppia di autori continuò con fermezza a cimentarsi in storie spesso in bilico tra magia e tecnologia.
C’è da dire, a questo punto, che non a caso Marion Zimmer Bradley è massima espressione della science-fantasy, visto che si ispirò sempre a questo modello letterario e soprattutto a questa coppia di autori, recensendo entusiasticamente anche quello che è uno dei romanzi capostipiti (se non proprio il primo mai scritto) di questo genere allora agli esordi: The Dark World di Henry Kuttner (volume steso in collaborazione con la Moore, anche se non viene citata in copertina, e pubblicato nel 1946), che così venne definito dall’autrice del Ciclo di Darkover: «considero il lavoro di
Henry Kuttner come la più fine science-fantasy mai scritta.» Ma chi sono Henry Kuttner e C.L. Moore?
Marito e moglie pubblicarono le prime storie quasi contemporaneamente, su riviste blasonate dei primi anni ‘30, come la note Startling Stories e Weird Tales, e qui presero
forma gli originari, vitali embrioni di un genere che in precedenza era stato solo intravisto da altri scrittori. Mentre la Moore dava vita a racconti come: Shambleau 1933, Black God's Kiss 1934, e Black God's Shadow 1934, Kuttner, poco dopo, s’ingegnava in racconti similmente strutturati, ancora molto fantascientifici nel loro complesso di elementi, questo è vero, ma con guizzi innovativi, quasi, per certi versi, “fantasy” o “horror”, e lo vediamo in: The Black Kiss 1937 e in Quest of the Starstone 1937. Un primo (e più corposo) tentativo di science-fantasy prende tuttavia già piede nel romanzo firmato a quattro mani, sempre dai due, Earth’s Last Cittadel (1943), ma è solo con The Dark World che Moore e Kuttenr prendono pienamente coscienza di una realtà letteraria unica, narrando la storia di un uomo che, letteralmente, «cambia i mondi».
Storie caratterizzate molto bene, con personaggi innovativi, curiosi, come il primo in assoluto sviluppato dalla Moore, il protagonista delle storie pubblicate su Weird Tales, Northwest Smith, un avventuriero dagli occhi di ghiaccio e dai trascorsi ambigui. Smith vive rintanato in sobborghi marziani o in umidi porti di Venere, trafficando in affari loschi, quando, inopinatamente, viene coinvolto in avventure ai limiti di generi fantasy e horror: l'incontro con la Medusa (in Shambleau); la fuga da una fortezza in cui una informe lava nera vive vampirizzando la forma più perfetta della bellezza che riesce a creare (The Blach Thirst); la prigionia in un sogno che diviene un incubo (Scarlet Dream), e così discorrendo.
Questo curioso personaggio fa il paio con una guerriera fantasy, Jirel di Joiry (una specie di antesignana delle Libere Amazzoni di Darkover), che spazia in mondi strani e visionari alla ricerca, di volta in volta, dell'amore o della vendetta. Immersa in un universo tecno-magico
(chiave di volta della science-fantasy), Jirel è forte ma fragile, spietata, lussuriosa, ma anche sensibile. Il suo peregrinare sul fondo di inferni cosmici è descritto talvolta in maniera talmente dettagliata da risultare sorprendente. E la presenza della magia e la transizione in altre dimensioni sono dunque fra gli elementi principali che caratterizzano il ciclo di Jirel di Joiry e quello di Northwest Smith. I due personaggi, forse non a caso, si incontreranno in un racconto (il già citato Quest of the Starstone) scritto dalla Moore a quattro mani, in collaborazione con l’allora futuro marito Henry Kuttner.
Una realtà, questa della science-fantasy, che i due inseguiranno per il resto della loro carriera, contagiando una serie innumerevole di autori del fantastico, tra cui Marion Zimmer Bradley.
Darkover’s Heart…
Ne abbiamo già parlato a sufficienza, oltrepassando anche i limiti di una qualsiasi corposa e strutturata analisi, tuttavia resta da dire che l’autrice, forse per prima e una volta per tutte, con semplicità estrema, chiarì il senso della Saga di Darkover accomunando questo ciclo di romanzi proprio alla science-fantasy. Le bastarono poche righe, poche parole, e forse, nel dirlo, non si rese nemmeno conto di aver dato una “definizione” tra le più calzanti di un genere da lei stessa costruito e sviluppato in cinquanta anni di carriera: «Il nucleo originale della storia» dichiarò la Zimmer Bradley, «ruotava su un argomento che mi aveva sempre
affascinata: cosa trasforma un gruppo di scienziati e colonizzatori provenienti da una cultura tecnologicamente avanzata in una società di stampo feudale e vagamente magico?» Semplice e lineare, come detto: in poche righe seppe rendere chiaro il concetto di science-fantasy.
Il ciclo di Darkover è per questo l’esempio più eclatante del genere in questione, perché perfetta fusione di scienza e stregoneria, e tutto ciò per una capacità innata di Marion Zimmer Bradley: saper trattare con la stessa abilità tecnologia e pratica magica. I volumi della saga di Darkover, tutti allo stesso modo, rispecchiano ciò, dunque non fu un caso isolato, non fu un innesto a posteriori di elementi fantasy o fantascientifici in un contesto “altro”; e non fu nemmeno una goffa virata da un genere all’altro, ma una lunga e sapiente analisi di scienza e magia, questo sì.
E’ da qui che ha preso vita la Quintessenza di Darkover, un appuntamento che ha lungamente indagato la saga in questione – toccandone il cuore segreto – per mettere in luce una serie di aspetti poco osservati e conosciuti di un ciclo storico della letteratura fantastica, e per esaminare tutte quelle particolarità di rado indagate, come l’appartenenza di Darkover a un genere poco conosciuto ma indubbiamente apprezzato, vivo e vitale.
Le puntate precedenti.
La Quintessenza di Darkover – 1. La Scopritrice di Darkover
«Darkover è l’essenza, la quintessenza, del mio più personale e amato lavoro…» Marion Zimmer Bradley
LeggiLa Quintessenza di Darkover – 3. Cartografia nascosta
La cartografia nascosta di Darkover: un mondo da decifrare
LeggiLa Quintessenza di Darkover – 4. I Grandi Libri della Saga di Darkover, parte prima
"…e alle persone che mi chiedono perché non legga (o non scriva) libri normali, rispondo che non riesco a vedere come il contenuto della narrativa normale possa competere con una narrativa la cui unica raison d'être è di occuparsi del futuro della razza umana" Marion Zimmer Bradley
LeggiLa Quintessenza di Darkover – 4. I Grandi Libri della Saga di Darkover, parte seconda
"Per il meglio e per il peggio, altro non sono che una scrittrice…" Marion Zimmer Bradley
LeggiLa Quintessenza di Darkover – 5. Volumi Smarriti
I volumi smarriti della Saga di Darkover: romanzi dimenticati, nascosti e perduti; ultime frontiere di un mondo fatto di carta e d’inchiostro
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3 commenti
Aggiungi un commentocomplimenti per gli articoli, ma nell'ultimo più che di futuro si parla di passato. eppure un futuro in qualche modo già c'è, se la longanesi si decide a fare quello che una casa editrice dovrebbe fare: pubblicare. che io sappia l'ultima trilogia che comincia con the fall of neskaya è già pronta o quasi. mi pare che gli acquirenti ci siano, visto che in edizione tea si continua a ristampare... e mi sa che non è nemmeno finita lì. non sono aggiornata all'ultimo anno, ma l'anno scorso si parlava di qualcos'altro già in cantiere, dagli appunti di mzb. In ogni caso ra la sua sconfinata produzione c'è ancora tanto da pubblicare in italia, forse non è darkover, ma è sempre mzb e il suo stile inconfondibile fa dimenticare anche darkover. Anche fermandosi solo alla fantasy "pura" (chiamiamola così) mancan di sicuro "tiger burning bright" e i due "glenraven". Allegri quindi! Se Longanesi permette....
Ciao Michela!
sono l'autore degli articoli, e ti ringrazio per i complimenti!
Che dire, inizio dalla domanda che campeggia nell'oggetto: passato o futuro? Diciamo che il titolo dell'approfondimento l'ho studiato apposta perchè fosse un "evidente" controsenso. Mi spiego. Darkover è nato (si è sviluppato) nel passato (anche piuttosto lontano, oramai), si basa su opere letterarie del passato, ma parla del futuro, ed è un ciclo che ancora oggi non vede la parola fine spiccare tra le sue tante pagine: si protende nel futuro...
Insomma, ho giocato un po' con questa idea di passato che pensa al futuro, a MZB che si ispiarava (dichiaratamente) alla Moore e a Kuttner, grandi autori degli anni '30 e '40, e come dico nell'approfondimento: ci si immerge nel passato, ma solo per intravvedere il futuro (contorto, eh? ).
Ok, andiamo col resto, mi chiedi di La Caduta di Neskaya, e io ti dico: ci vuole pazienza.
Se cerchi bene su FantasyMagazine, troverai altri miei articoli dove parlo dei prossimi libri di Darkover, dell'autrice che li sta concludendo, e di cosa dobbiamo aspettarci prossimamente.
Credo di aver risposto a tutto, e mi fa piacere vedere che qualche Darkovano e qualche Darkovana ogni tanto risalta fuori...
Ciao
Luca
So di riesumare un articolo "antico", ma certe perle della letteratura vanno di tanto in tanto riportate a galla, soprattutto se chi ne parla è il sempre bravissimo Edwyn.
Per quanto io apprezzi MZB, Ho una cosa che proprio sento di dover dire: IO AMO KUTTNER E LA MOORE, ed é una sofferenza che solo una minuscola parte della loro produzione sia giunta in Italia, ed é ancora più doloroso che questa minuscola parte sia ormai quasi introvabile.
LEGGETELI, LEGGETELI! Nessun amante del fantastico dovrebbe ignorare le loro opere semplicemente magnifiche: suggestive e trascinanti, ma capaci anche di suscitare riflessioni importanti.
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