Quando non è occupato a costruirsi una capanna Hobbit vicino al fiume, passa la maggior parte del suo tempo felicemente sperduto nel suo personale mondo fantastico, un posto che lui chiama Alagaesia, dove regnano i draghi e infuriano battaglie tra tribù che brandiscono spade.
Un anno fa di questi tempi, non era che l’ennesimo adolescente spiantato con troppo tempo a disposizione, ma ora grazie al suo coinvolgente romanzo d’avventura il giovane Christopher Paolini si è ritrovato ricco.
L’edizione inglese del suo romanzo Eragon è appena apparsa sul mercato ma era già un best seller negli Stati Uniti dove, con il suo mezzo milione di copie vendute in soli due mesi, aveva perfino sbaragliato Harry Potter. Attualmente è preparazione un adattamento cinematografico e il libro sta per essere tradotto in una dozzina di lingue.
Nonostante sia quasi miliardario, Christopher conduce lo stesso stile di vita di sempre. I suoi genitori, adepti di uno strano culto sopravvivalista guidato da una donna chiamata Ma Prophet, hanno per anni vissuto ai limiti della sopravvivenza lavorando saltuariamente, occupandosi esclusivamente dei figli, ai quali hanno fornito un’educazione scolastica in casa e, solo recentemente, avventurandosi al di fuori della loro piccola comunità nel Montana; unica eccezione a questa vista quasi ascetica, l’acquisto di un nuovo computer e quello di un televisore al plasma.
“Ci piace stare tutti insieme” ha detto Christopher “Se la NASA fosse alla ricerca di un gruppo di persone in grado di vivere insieme, senza darsi sui nervi reciprocamente, per una gita su Marte, eccoci qui”.
“Trascorrendo tutto il tempo in un posto come questo” continua indicando il paesaggio aspro dominato da picchi innevati “devi trovarti un modo di passare il tempo, io ho pensato che fosse interessante cominciare a scrivere delle storie”.
L’ispirazione sembra essere nata dalle lunghe ore di lettura solitaria, da Beowulf a Tolkien, e dalla stretta osservazione del mondo circostante, le cui valli e montagne sono state trasformate in una terra mitica piena di strani personaggi che sembrano arrivare direttamente da Il Signore degli Anelli.
L’eroe del romanzo scopre un uovo di drago e tra lui e la neonata creatura si sviluppa un forte sentimento di amicizia.
Ridacchiando come un ragazzino Christopher dice: “Un drago è un amico assolutamente perfetto, divora tutto quello che non vi piace”.
Certamente una cosa assai utile, ma come è riuscito a gestire un libro lungo 500 pagine ambientato in un posto così sperduto che persino i suoi genitori lo definiscono “in mezzo al niente”?
“Avevo solo 15 anni quando cominciai a scrivere Eragon. Non avevo idea di cosa significasse scrivere. L’ho buttato giù di getto, poi ho passato un intero anno a rivederlo. I miei genitori l’hanno letto e l’hanno trovato magnifico ma non potevo fidarmi della loro opinione, dopotutto sono i miei genitori e non potevo meravigliarmi se a loro era piaciuto”.
I genitori, però, ne intuiscono il potenziale e decidono di pubblicare loro stessi il manoscritto e cercano di piazzarlo on-line e presso una locale libreria.
Il padre lo dattiloscrive, la madre e la sorella ne curano la correzione e lo stesso Christopher ne disegna la copertina, poi, utilizzando i loro ultimi risparmi, si rivolgono a un tipografo per farne stampare alcune copie e si danno da fare per venderle.
In mezzo allo stupore generale il romanzo riscuote un immediato successo e a quel punto non è più possibile gestire tutto in famiglia. Poi, all’improvviso, un bel colpo di fortuna: il romanziere Carl Hiaasen va a pesca in quella zona con suo figlio che compra una copia del libro. Sulla strada di casa Hiaasen domanda al ragazzo per quale motivo non la smetta di leggere “E’ grande, papà” è la risposta del ragazzino “migliore anche di Harry Potter”. Per un romanziere che ha venduto migliaia di bestseller sono parole magiche. Allerta il suo editore newyorkese e i Paolini si ritrovano con l’offerta di un contratto.
E questa è ormai storia di ieri.
Adesso Christopher sta lavorando al secondo romanzo di quella che si preannuncia essere una serie e che ha il titolo di Eldest. Non ci resta che aspettare e vedere se veramente il giovane scrittore merita il titolo di “Tolkien del ventunesimo secolo”.
18 commenti
Aggiungi un commentoMa fammi il favore, fammi!
Neanche leggendo il bigino del SDA o del Silmarillion si potrebbe accostare Paolini a Tolkien
E basta anche solo scrivere nella stessa frase : Tolkien e Paolini!!!!!!
Neanche se scrivo: "Paolini è monnezza, Tokien no" ?
Oltre al fatto che non mi piacciono affatto i suoi libri, non mi piace Paolini nemmeno come persona. Dev'essere di una presunzione inimmaginabile. Ho letto delle interviste in cui lui diceva: 'sapevamo che il libro sarebbe piaciuto a un vasto pubblico' oppure 'un libro che avrei sempre voluto leggere? Il mio!'
Ma tornatene da mammà...
E poi dai, ditemi se non è un egocentrico uno che apre il libro con delle frasi scritte nella sua lingua!
Forse tutto è cambiato con la pubblicazione del suo libro, anche se a me non dà l'impressione di una persona egocentrica. Magari è il suo modo di essere, e con l'esplosione delle vendite questo suo aspetto viene marcato di più, ma non per sua volonta, credo...
Poi le interviste bisogna sempre prenderle per quello che sono, interviste...
Tolkien, da buon cattolico, non si rivolterà forse nella tomba, ma io mi rivolto da viva. Uno stile che non è tale, scopiazzamenti da ogni dove, ma insomma, quale Tolkien del XXI secolo?
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