Figli di civiltà perdute
Nelle Civiltà Precolombiane del Sudamerica il drago sotto forma di serpente piumato compare sempre in un ruolo chiave nella mitologia di questa o quella popolazione. Le civiltà sono state tante, e alcune non hanno nemmeno un nome, perché del loro passaggio sulla Terra non ci sono rimaste testimonianze. Bisogna citare i Maya, Incas e Aztechi di scolastica memoria, ma anche i Chimu, Mixtes, Toltechi, Quiché e Moches. È d’obbligo partire con il famoso Quetzalcoatl, che, per inciso, ha finito per dare il proprio nome alla più grande creatura alata che abbia mai solcato i cieli: il Quetzalcoatlus, uno pterosauro alato vissuto nel tardo Cretaceo in Nordamerica, intorno ai 70-80 milioni di anni fa, con un’apertura alare che poteva arrivare ai 12 metri. Il Quetzalcoatlus appartiene a una famiglia di pterosauri chiamata azhdarchidi, una parola uzbeca che significa drago.
Letteralmente, Quetzalcoatl significa serpente con le piume, e la nostra possente divinità assumeva questo nome presso gli Aztechi (vissuti dalla parti del Messico dal XIV al XVI secolo). I Maya (siamo sempre a sud del Messico e in America centrale, ma la definizione riprende un ceppo linguistico molto ampio, vissuto fra il XIX secolo a. C. e il XVI d. C.) lo chiamavano Kukulkán, e presso altre popolazioni prendeva altri nomi, ma si trattava più o meno sempre della stessa divinità, quasi una sorta di archetipo mitologico universale del Sudamerica.
Benché il suo significato cambi a seconda del periodo storico e della collocazione geografica, Quetzalcoatl è quasi sempre colui che ha portato all’umanità ciò che di più importante possiede. È l’inventore della scrittura e del calendario, è colui che ha insegnato agli uomini a leggere le stelle e a coltivare il mais. È il signore della resurrezione e della morte. Ha l’aspetto di un grande rettile, di solito alato, col collo ornato di piume dai mille colori e i denti aguzzi.
È anche la Stella del Mattino, o Tlahuizcalpantecuhtli, fratello di Xolotl, Stella della Sera. Il mondo è stato generato dal suo sangue, ed è stato lui a costruire tutte le razze viventi, usando i resti delle antiche stirpi del passato.
Un altro serpente si opponeva a Quetzalcoatl, e questo aveva connotazioni ben più negative. Il nome del malvagio era Tezcatlipoca; che poi era una malvagia, la seduttrice, che in qualche leggenda finisce per irretire Quetzalcoatl, per convincerlo a portare morte e distruzione. Il buon dio, in questo caso in forma umana, finirà per darsi fuoco per poi diventare la Stella del Mattino.
I sacerdoti spesso portavano lo stesso nome del dio, ed era a Quetzalcoatl che erano dedicati i sacrifici umani. Comunque molto più rari di quanto si creda.
Quando nel XVI secolo arrivarono gli spagnoli guidati da Hernán Cortés, l’imperatore azteco Montezuma II credette fosse tornato il buon Quetzalcoatl, esiliato in una delle tante leggende da Tezcatlipoca. Quando capì che si sbagliava lo sterminio del suo popolo era già iniziato.
Naturalmente il nostro piumato serpente non era l’unico drago mitologico. Famoso è anche Hurakan, serpentino dio causa degli uragani, che prendono il nome proprio da lui. Era adorato dai Maya e aveva solo tre piedi: uno sulla punta della coda, che corrispondeva all’occhio del ciclone, e gli altri due davanti; arti e corpo agitati provocavano gli uragani.
Sempre presso i Maya, Coatlcue era una sorta di idra sudamericana, con due teste di drago e una coda di mille serpenti. Era la guardiana della natura, benigna e maligna.
Mama Pacha era una giagantesca dragonessa inca, causa dei terremoti.
Mboi-Tu'I proteggeva le acque e gli animali per le popolazioni del Paraguay. Aveva corpo di serpente e testa di pappagallo. La creazione, da quelle parti, era opera di Capacti, un drago enorme. Dobbiamo parlare al passato di tutte queste divinità perché le culture che le hanno generate si sono estinte da tempo, per opera degli europei.
Gli dèi serpente
Nella mitologia induista e vedica, che ha radici in una tradizione orale vecchia di settanta secoli, è presente un’antica razza di uomini serpente chiamati Naga; ancora oggi fanno parte del folklore delle regioni di cultura indù e buddista.
La parola naga deriva da sanscrito nag, serpente, e in parte dal semita nachash, sempre con lo stesso significato.
I Naga sono divinità dell’acqua e della pioggia, e come tali sono fonte di fertilità della terra e nel contempo di distruzione con inondazioni e tempeste. La loro interpretazione cambia a seconda delle zone; nell’accezione positiva sono esseri di straordinaria bellezza metà uomini e metà serpenti, in quella negativa draghi mostruosi dalle molte teste. Secondo la complessa mitologia indù sono figli del dio delle tempeste Varuda e vivono nel Patala, il settimo Inferno.
Sono acerrimi nemici dei buoni Garda, una razza di sagge aquile immortali.
Quando gli dèi distribuirono l’acqua della vita fra le creature, i Naga ne rubarono una coppa. Finendo per versarne una parte, la leccarono dal terreno e da allora hanno la lingua biforcuta.
Il loro re mitologico è Taksaka, e il suo compleanno viene ancora oggi festeggiato in alcune regioni dell’India, nel mese di Jyaistha (maggio-giugno).
I Naga buoni sono principalmente Manasa e Mucalinda, la prima dea della pioggia, il secondo pacifico re che protesse perfino Buddha.
Non mancano i Naga malvagi. Sesha, il Senza Fine, è un enorme drago dalle mille teste, capostipite della stirpe. Vritra, arrotolato intorno all’ombelico della terra, ostruiva il fluire di tutte le acque. Fu ucciso da Indra, che lo usò per creare le montagne.
Vasuki, non era del tutto malvagio, ma fu tradito dagli dèi nonostante si fosse prestato a fungere da fune per recuperare l’amrita (l’ambrosia) che dà l’immortalità. Finì per essere tagliato in due: dal suo corpo ebbe origine il più tremendo veleno del Creato, Alahala, poi respirato da Shiva, che trattenendolo in gola divenne blu. Troviamo ancora oggi nel cielo le sue due parti: Rahu (testa del drago) e Ketu (coda del drago), responsabili delle eclissi e massime potenze dello zodiaco.
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