Indimenticabile lo splendido Draco del film Dragonheart – Cuore di Drago, del 1996. Bowen (Dennis Quaid), disilluso dal tradimento del suo discepolo Einon (David Thewlis), divenuto un re meschino e spietato, campa facendo il cacciatore di draghi. Troverà sulla sua strada Draco, ultimo della specie, ancora legato all’antico popolo dei Celti, da cui la madre di Einon discende. Draco, realizzato in computer grafica, nella versione inglese aveva la voce di Sean Connery e il viso in parte modellato in base ai tratti dell’attore. L’interpretazione del mostro è quella classica dei Celti: buono, depositario di saggezza, in qualche modo legato alla terra e al firmamento, antico protettore del genere umano. Il film ha avuto anche un seguito, ma quando se ne parla di solito i fan girano la testa dall’altra parte, fischiettano o cambiano discorso.
Ultimo ma non ultimo, arriva il drago femmina Saphira, coprotagonista di fil e libro di Eragon. Qui la nostra dragonessa si avvicina molto all’interpretazione celtica del mostro, ovvero è un esempio di saggezza e forza, in qualche modo geneticamente depositaria di conoscenze che possono aiutare l’uomo (ovvero il suo cavaliere Eragon) a migliorare sé stesso e il mondo che lo circonda. D’altronde nella scelta dei nomi dei suoi protagonisti (Galbatorix, Alagaesia) Paolini dimostra di essersi ispirato ai miti gallo-celtici.
Nella realizzazione grafica al cinema, la buona, saggia e un po’ suscettibile Saphira ha strana particolarità: invece di avere le ali da pipistrello che vengono attribuite nell’iconografia classica ai draghi, con la membrana sottesa le dita prolungate a dismisura, o come quella dei rettili volanti mesozoici, gli pterosauri, con la membrana sottesa fra un unico lunghissimo dito e il fianco, l’interpretazione scientifica più corretta per un animale di tali dimensioni, ha le ali pennute.
La nostra dragonessa ha in inglese la voce di Rachel Weisz, mentre in italiano ha parlato coi toni della giornalista televisiva Ilaria D’Amico, non senza un bel po’ di polemiche da parte dei fan.
Una citazione la meritano anche i draghi del franchise fantasy-videoludico di Warcraft, ormai diventato un vero fenomeno di costume con l’ultimo videogioco, World of Warcraft, un MMORPG (massive multiplayer online role playning game), il gioco di ruolo di massa online più venduto al mondo, con più di sette milioni di giocatori paganti. Ma i draghi comparivano già nei capitoli precedenti nella saga, specie in quel Warcraft III: Reign of the Chaos, uno degli strategici in tempo reale più amati di tutti i tempi, che ha portato al successo mondiale la serie. E infatti il franchise di Warcraft finirà per approdare al cinema, da Legendary Pictures (Superman Returns). L’annuncio è stato dato da tempo dallo sviluppatore dei giochi, Blizzard Entertainment.
In Warcraft ci sono molti draghi, buoni e cattivi, ma gli Antichi Draghi hanno un parte molto importante nella mitologia del mondo di Azeroth, dove si svolgono le vicende di Warcraft, e sono in genere buoni. Questo perché aiutarono il semidio Cenarius e gli Elfi della Notte a chiudere il primo, potente Pozzo dell’Eternità, per non permettere ai terribili demoni della Legione Infuocata di distruggere il pianeta.
I più famosi sono tre: Alexstrasza la Generatrice, la rossa, per lungo tempo prigioniera del malvagio roco Nejros. Ha depositato la ghianda da cui è cresciuto l’Albero del Mondo, Nordrassil; Nozdormu il Senza Tempo, drago bronzeo capace di donare l’immortalità; Ysera la Sognatrice, la verde, signora della dimensione eterea conosciuta come il Sogno di Smeraldo. Qualcosa di tutto questo dovremmo vederlo al cinema.
E allora lasciamoci trasportare dal fuoco della fantasia, fomentato dalle moderne tecnologie che riescono a dare magnifiche rappresentazioni dei sogni di tanti lettori e appassionati di fantasy. Ci vediamo sul grande schermo.
1 commenti
Aggiungi un commentobellissime le prime 5 parti dell'articolo, complete e approfondite in molti aspetti, sono rimasto incantato leggendo del drago nelle varie culture; la sesta c'entra poco, e risulta anche abbastanza noiosa. quella cinematografica non è cultura, ma una rimanipolazione di essa ad uso e consumo dello spettatore che ha solo voglia di staccare il cervello bombardandosi di contenuti semplici e immagini luminose!
questa comunque è solo una modesta opinione!
stilisticamente devo complimentarmi per tutto l'articolo (sesta parte compresa) per la completezza dele nozioni e tutto il lavoro svolto.
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