“Certo, migliaia e migliaia di anni di calunnie non fanno propriamente piacere, però evidentemente fanno bene alla salute, perché come vede mi trovo in splendida forma”.

Lui, l’antagonista, la personificazione del male: il lupo delle fiabe, che da sempre insidia porcellini, capretti e bambine non troppo esperte del mondo; effettivamente, non sembra accusare tutti gli strali di odio e di paura di cui è oggetto. E’ in forma, con il suo pelo di colore irregolare tra il nero e l’argenteo, che come un ermellino gli conferisce la nota aura di maestosità, e con quel suo sguardo saggio e malinconico da poeta russo dell’800. E’ tremendamente, fascinosamente nobile, ed è proprio nel contemplarlo che mi nasce la prima domanda.

Ma perché, compare Lupo, è successo proprio a lei? Perché gli uomini così arbitrariamente la hanno scelta come ambasciatore sulla terra del male?

Me lo sono domandato spesso anch’io. Non posso darle una risposta certa, ma sono convinto che c’entri qualcosa l’immediato confronto con il cane.

Quest’ultimo è per certi versi il mio opposto: fa la guardia al focolare, gioca con i bambini del padrone…e quando ha bisogno di qualche cosa strizza quegli occhioni che commuoverebbero anche le arpie; nulla di più lontano, dunque, dalla mia indipendenza e dalla mia fierezza. Purtroppo, capita anche che proprio lui sia nel creato il mio parente più stretto; del resto non vi è niente di più facile, anche tra voi umani, che due fratelli abbiano caratteri opposti, no?

Lei non sarà “domestico” come suo fratello, ma questo non significa necessariamente “cattivo”, le pare?

Il problema è dato proprio dalla somiglianza. L’uomo non ripone particolari speranze nel gatto; il rapporto di quest’ultimo con l’uomo è quello del cortigiano: una compagnia elegante, gradevole, con cui trascorrere piacevoli ore pomeridiane tra un biscotto e l’altro, ma il padrone è sempre in cuor suo consapevole della grande indipendenza della bestiola; sa benissimo che come tutti i cortigiani, lontano dal suo ruolo di intrattenitore, esso spessissimo ha una vita diversa da quella ufficiale, ai limiti dello scandalo.

Lei prenda a esempio un gatto della buona borghesia milanese o romana: tutto il giorno compiacerà la famiglia presso cui alloggia ricevendone più che altro dei doni e dei privilegi; ma quando scende l’oscurità, ecco che si dileguerà sui tetti; appena smesso con il lavoro quotidiano, attacca quella vita che più gli aggrada: comincia a rubare, a fare a botte con gli altri gatti, a provarci con tutte le micie del quartiere, e anche a lanciarsi con gli amici in spedizioni punitive oltre i confini rionali.

…ma lei in tutto questo cosa c’entra?

Io somiglio al cane, ma non sono il cane: nel momento in cui mi vede, l’uomo per un attimo ha l’illusione di potermi trattare come lui, perché pensa che far poggiare i propri sentimenti su un cane sia un investimento sicuro, mentre ben più difficile è farlo con il gatto…anzi, probabilmente l’uomo ha forte sospetto della “doppia vita” di quello, ma volutamente chiude un occhio, proprio come fanno certi re nei confronti di certi figli o sudditi debosciati, e magari anche quando gli arriva la notizia di una sua tragica morte sull’asfalto non se ne stupisce più di tanto, perché pur soffrendone, in un certo senso da sempre si prospettava quella fine; un po’ come dire: se l’è cercata.

L’approccio con me invece è compromesso dalla mia somiglianza con mio fratello, e nulla ferisce l’umano come la tardiva consapevolezza di non potermi assoggettare, come, cioè, il suo rendersi conto che io non sono e non sarò mai, mi si passi il paradosso, un animale disposto a “lisciargli il pelo”!

In un certo senso, se ben comprendo, lei smaschera un’ipocrisia di fondo.

Non c’è dubbio. Quando l’essere umano accarezza il proprio cane, così come la propria donna o l’ultimo maglione di cashemere che si è comprato, nel novanta per cento dei casi lo fa per soddisfare un proprio desiderio, non per far del bene all’altro; la carezza, le coccole, il sorriso sono essenzialmente reazioni tese alla soddisfazione di un bisogno di chi le fa, non di chi le riceve.

Non avrei dubbi sulla veracità delle sue parole se parlassimo dello specifico campo sessuale, cioè: se io do un pizzicotto a una bella ragazza, lo faccio per far del bene a me, non certo a lei; e lo schiaffone che ne riceverò in cambio sarà la soddisfazione di un suo bisogno cogente…

Ma il meccanismo è lo stesso anche in altri campi, a meno che non vogliamo cedere a certe tesi un po’ estreme che vedono la sessualità alla base di un po’ tutta la congerie dei nostri comportamenti.  Prendiamo ad esempio quei sentimenti che vengono universalmente considerati più puri: anche l’abbraccio di una madre verso il figlio nasce innanzitutto come soddisfazione di un bisogno della madre stessa. In questo naturalmente non c’è niente di male,ma bisogna stare attenti a non cadere vittima di certe presbiopie.

Presbiopie?

Certo, il rischio di identificare la causa con l’effetto. Prenda ad esempio la stragrande maggioranza dei romanzi o delle canzoni o dei film cosiddetti “d’amore”: parlano praticamente sempre di persone disposte letteralmente a compiere qualsiasi cosa  per la persona che amano…meno una sola cosa, e una soltanto…

La dica, no?

Ma ovviamente quello di lasciare la persona oggetto della loro passione, anche contro il bene della persona stessa; prova ne sia che sono disposte ad ammazzarla, pur di non lasciarla andare via: “Ti amerò fino ad ammazzarti” non è solo il titolo ben riuscito di un film. Comunque non è difficile vedere l’origine egoistica di certi “amori”, le pare?

E lei cosa c’entra?

Io non sono disposto per mia natura a fornire all’uomo la piacevole sensazione di avere bisogno di lui, e tuttavia l’aperta cortigianeria del gatto non rientra di certo nei miei costumi; per questi motivi l’iniziale egoistico “affetto” dell’uomo nei confronti della bestiola di casa (qualunque essa sia) con me non può esercitarsi fruttuosamente, e quando si scontra con la propria frustrazione si tramuta in astio e paura, quando non in vero e proprio odio.

E così comincia la diffamazione…

Già,come quando odiosamente certi uomini cominciano a gettare fango addosso a delle graziose signorine, ree solamente di non aver accettato le loro avances. Certo che voi umani maschi siete veramente paradossali: offendete la reputazione di una donna proprio quando vi ha respinti; ma la logica vorrebbe il contrario, o no?

Però la diffamazione nei suoi confronti mostra dei cambiamenti nel corso dei secoli.