- Ha cominciato tuo padre Timostene questa guerra contro di me. – Come volevasi dimostrare: Antemion non è tipo da finire spalle al muro. Per quanto avrebbe fatto meglio a evitare di specificare "contro di me". Ha perso il controllo del suo ego. Succede sempre più spesso.

- Tu la iniziasti, attaccando Thira, nostra alleata.

- Mentre Thira agonizzava sotto l'assedio delle mie truppe, Timostene non corse in suo aiuto. Attaccò Arkea.

- Niso sa benissimo che pezzo di sterco fosse suo padre. Vediamo come se la cava! – La voce che arriva dal mio fianco tradisce una sincera emozione. Parteggia ora per l'uno, ora per l'altro dei contendenti. Non per imparzialità, no...

Lui è fatto così. Non cambierà mai.

- Colpire al cuore per frenare le braccia. Così agì Timostene. E arrivò alle porte di Arkea – sento ribattere Niso.

- Thira cadde. Arkea no. Il tuo Brasida, – Antemion coglie l'occasione per tirare una stoccata allo stratega, – fu lento.

- In realtà, - spiega il mio compagno, come se io non conoscessi la vicenda – Brasida sarebbe andato in soccorso di Thira. Fu Timostene ad insistere per lasciarla cadere, per poi conquistare Arkea e la Thiride di conseguenza. Un piano semplice, moralmente scorretto ma di indubbia efficacia, cui Brasida, suo malgrado, contribuì con tutto il suo genio bellico. Fu l'epidemia del "male nero" che trasse dai guai Arkea, costringendo Brasida a ripiegare a causa delle perdite.

- Gli dei amano Arkea, Antemion. Per questo la salvarono. Ma non credere che amino te! – replica Niso, riuscendo a contenere la collera. Da non credersi, in un uomo così giovane.

- Niso! Non perdiamo altro tempo. I miei soldati scalpitano. Vogliono tornare dalle loro donne. Dopo aver conosciuto le vostre. Torna a nasconderti. Si combatta! – esclama Antemion, spazientito. Conscio probabilmente che non giova a suo favore, né al morale delle sue truppe, il fatto che quel giovinastro riesca a tenergli testa.

E' in quel momento che si leva alta la voce di Niso. Giovanile, non imperiosa e modulata come quella di Antemion; non di meno sicura e incisiva: a modo suo, altrettanto carismatica. - Chiamo a testimoni gli Dei! Chiedo che la nostra diatriba risparmi i soldati, e sia demandata ad un Duello di Eroi! Chi perderà, perderà tutto. Anche la corona del suo re e la libertà della sua patria.

Antemion sogghigna. E' un vero regalo: lui ha Lysander! C'è un particolare, purtroppo: - Niso, non ci sono Eroi tra le tue fila.

- Il generale Brasida rappresenterà il mio popolo.

- Non mi risulta che Brasida sia mai stato proclamato Eroe.

Non era successo perché Timostene non aveva mai voluto farlo. Timoroso che la fama di Brasida, il prestigio che godeva presso il popolo e soprattutto tra i soldati, potesse non solo oscurare il suo scranno, ma addirittura indurre il comandante ad usurparlo. Cieco fino in fondo, Timostene, incapace di riconoscere l'integrità in un uomo.

- Ammetterai che Brasida ha tutte le caratteristiche richieste dal Codice di Res.

- Certo, comunque sia non è un Eroe agli occhi degli Dei.

- Concedimi un giorno, e Mirinto avrà il suo Eroe. I sacerdoti sono pronti. Ho i rotoli ufficiali che attestano l'approvazione del Tempio di Res e il responso favorevole dell'Oracolo di Deutra.

Brasida ha un tuffo al cuore. Niso aveva previsto tutto. Aveva già deciso.

- Perché dovrei lasciarti il tempo?

- Per loro! – esclama Niso, mentre indica le migliaia di militi alle spalle di Antemion. Il furbastro sta cercando di accattivarsi l'esercito altrui. Non si sa mai.

– E per te stesso – aggiunge un attimo dopo, a voce più bassa ma udibile dal suo attempato rivale, fissandolo a distanza.

E' un affronto. Antemion freme di rabbia, ma frena il risentimento. L'occasione è troppo ghiotta.

- Bene, Niso. Dimostrerò ancora una volta a tutti quanto io sia un re magnanimo. Ti lascio il tempo per le cerimonie d'investitura, purché ti affretti. La condizione è: prima che il sole inizi la sua discesa il duello deve iniziare. Entro oggi Mirinto deve essere mia.

- Antemion gioca sporco – commenta il guerriero accanto a me. – Brasida è più in là negli anni di Lysander. Farli combattere a mezzogiorno, con il massimo dell'afa e del caldo, va a nettamente a favore dell'Arkeo. Come se ne avesse bisogno – ironizza a chiosa.

L'Arkeo... Lysander non è nemmeno Arkeo. Lo è diventato. Se ne sono dimenticati tutti, pare.

- D'accordo. Brasida sarà pronto – acconsente, suo malgrado, il sovrano mirinzio.

- Allora, - echeggia solida la voce di Antemion - davanti a tutti gli Dei, a Res per primo, accetto. Che sia una sfida di Eroi a decidere.  Giuro che rispetterò il patto.

- Anch'io giuro di fronte agli Dei.

- Gli eserciti rimarranno dove sono. Come vuole la tradizione, qualora la morte colga entrambi gli Eroi, combatteremo tutti.

- Sta bene.

Trattano ancora. Si accordano sulle condizioni della resa che seguirà il duello. Il sovrano perdente non sarà costretto all'esilio: con la carica di governatore continuerà ad amministrare i territori cittadini per nome e conto del vincitore. Mal che vada, non tutto sarà perduto.

Stabilito un tanto, entrambi i carri si girano e raggiungono i rispettivi eserciti.

- Un Duello di Eroi! – enfatizza il mio compare.

Non riesco a capire, eppure lo conosco da sempre, se la sua esclamazione celi il rammarico per la battaglia non combattuta, o piuttosto il compiacimento per questa scelta epica. La seconda, direi, nonostante la sua inconfessata predilezione per i carnai.

Personalmente, avrei motivo di lamentarmi: una messe così rigogliosa di vite arkee e mirinzie, sprecata a causa di una tradizione. Nobile quanto vuoi, ma a volte inopportuna.

In fondo, però, me ne importa poco.

Nel tratto da percorrere per raggiungere l'attendamento e i sacerdoti in attesa, Brasida, in groppa al suo cavallo, affianca la biga reale.

- Mio signore, tu riponi troppa fiducia in questo soldato la cui forza è sempre stata la fedeltà e il valore dei suoi uomini. Sei ancora in tempo a tornare indietro nella tua richiesta. Blocca i riti di investitura. Io non posso battere Lysander. Non in un duello. E' un combattente senza eguali. Si parla di lui come il figlio di Res.

- Brasida, amico mio, da quando tu ti sei messo a credere agli dei?

Il condottiero sorride, nonostante la preoccupazione. Per anni ha insegnato a Niso l'arte della guerra, il re lo conosce fin troppo bene. - Era un modo di dire.