- Tu ti batterai: se non per te stesso, se non per il tuo re, per Mirinto e la sua gente! – ribadisce Niso, con tono vibrante di una passione che suona leale. Il suo viso dai tratti quasi efebici si adombra, si indurisce, invecchia di dieci anni nella frazione di un istante. – Brasida: lo so che tu sei prima di tutto un condottiero, non per questo ti mancano le doti di combattente. E poi, sappi che non avevo altra scelta – ammette, guardandolo come si guarda un amico; il generale nota il pronunciato pomo d'Adamo del giovane percorrergli il collo. – Le nostre spie hanno confermato l'effettiva stipula di accordi segreti: l'Alleanza è pronta ad attaccare il vincitore di questo confronto, chiunque sia. Approfittando delle sue pur vittoriose ferite. – Un sospiro profondo. – I documenti da Deutra sono dunque arrivati appena in tempo. L'unica speranza sei tu.

- Darò tutto me stesso. La mia vita per Mirinto.

- La tua vita non serve, generale. Serve la tua vittoria – rimarca Niso.

Poi continua: - Lysander è un vero Eroe, come non si vedeva da generazioni. Tre secoli di gloriose battaglie oplite hanno defraudato dei suoi spazi la figura dell'Eroe codificata dai Riti di Res, anche se, per tradizione e convenienza, continuiamo a fregiare del titolo alcuni condottieri. Sto citando i tuoi insegnamenti, Brasida... Adesso, i tempi stanno mutando ancora. Per questo Lysander ha potuto diventare ciò che è. Perché c'è di nuovo spazio per i cani sciolti, per i protagonisti. Antemion è una carogna, ma guida Arkea con lo spirito dei sovrani antichi. Quindi Lysander gli è molto utile. Quando con la sua sola presenza rafforza la determinazione della falange, quando conduce con pugno di ferro gli ausiliari alleati, quando trascina gli assalti alle mura nemiche. Quando, uno contro uno, detiene le sorti di un regno. Antemion ha potuto giovarsi già ben due volte di un Duello di Eroi, dopo decenni di disuso, solo grazie a lui. Lysander ha un coraggio raro nell'odierna aristocrazia. I nobili sono poco propensi a morire, te lo posso assicurare io stesso. – Sarcasmo e sincerità. - Nel tramonto di un'epoca, questo rigurgito di un passato remoto ha potuto trovare posto. Non per molto, in ogni caso. Il potere, il modo di esercitarlo, di accrescerlo, di mantenerlo, stanno cambiando nuovamente...

Niso si blocca, pare accorgersi che sta divagando. Riprende il filo del discorso. - Lysander è il più audace dei viventi, è vero. Purtroppo per noi, la sua fama non è usurpata, comprata, come sempre più di frequente accade. Sia chiaro, questo non è il tuo caso, mio buon generale. Non ho dovuto elargire tributi particolari ai templi, se non quelli di norma dovuti agli... dei, né sono ricorso a minacce, sempre che le mie minacce siano considerate credibili. Ricordati, perciò: un guerriero del tuo valore non deve guardare a Lysander come ad un semidio. E' un uomo. E' mortale.

E' facile intuire i pensieri del comandante: Niso potrebbe diventato un buon re, sempre che il potere e gli anni non riescano a corromperne l'indole. Un sovrano finalmente assennato, quello di cui Mirinto ha da tempo bisogno.

Si sarebbe battuto anche per lui.

- Ancora una cosa, Brasida. Azzardo una profezia, e non temo di sbagliare. Chi vincerà oggi, sarà ricordato come l'Ultimo degli Eroi. Datti da fare per conquistare il tuo posto nella storia.

Vabbé, non ci sarà il massacro previsto.

A meno che i duellanti non crepino entrambi, mandando a monte questa scommessa tra re; nel qual caso il futuro torna in mano alle armate. Accade di rado, però, che entrambi i contendenti ci lascino le penne nel contempo. Magari tirano le cuoia poi, a causa di infezioni e cancrene, ma a quel punto i giochi sono fatti.

E' inutile illudersi. Saprò accontentarmi.

Tutto sommato, la Leggenda varca i confini delle epoche più della Storia: la nemesi di un Eroe e la conseguente apoteosi di un altro valgono mille battaglie di militi ignoti e carne da macello. Dovrebbe andarmi bene. Qualità, non quantità.

Allora perché avverto questo pizzicore alla nuca? Perché questo senso di persistente fastidio? Questo istinto che mi allerta?

Socchiudo gli occhi. Scruto nello spazio e nel tempo. Non mi serve andare lontano, scopro.

L'accampamento dell'armata di Arkea è un poco dietro quel avvallamento a meridione. La notte in cui vago è quella appena trascorsa.

Una nottata insonne. Trepidanza, paura, ricordi e rimpianti, rancori e speranze, brama di sangue o di fama, razionalità e follia: il campo è un rigurgitare vorticante di passioni e pensieri. Nobili e infami.

Quella è la tenda che intuisco interessarmi. Frugo oltre i tessuti, penetro in un’intimità misantropa, che si strugge alla luce tremula di una fiaccola moribonda.

L'Eroe è solo.

E' stato un re. E’ stato marito e amante. E' stato un padre. E' stato un amico. Tanto tempo fa. Poi, ha perso tutto. Tutti. Ed è diventato, non capisce nemmeno come, un Eroe. Lo è diventato con il sangue. Per vendetta prima, per odio poi, quindi per gloria, per onore e orgoglio...

Infine, per rassegnata abitudine.

Tutti conoscono Lysander. Il suo nome è leggenda vivente. Persino oltre i confini del mondo.

Ma Lysander è solo.

Non riesce a dormire. I suoi sonni sono sempre più corti, più tormentati. Prima o poi, sarà la stanchezza a vincerlo in battaglia. Se ne rende conto. La morte sul campo è il destino degli Eroi, dopotutto. Però, gli aedi non cantano mai delle palpebre appesantite dal sonno, è sempre una lama più forte od un estremo ardimento a segnare l'epilogo di un mito guerriero.

Un urlo in fretta soffocato scuote la notte, distoglie Lysander dai suoi pensieri. Un grido di donna sofferente.

Incuriosito, esce dalla tenda, salutato da un assonnato piantone che, colto alla sprovvista, cerca di ricomporsi.

Il dolore arriva dall'attendamento della servitù. Lysander si avvia in quella direzione. Non che sia particolarmente curioso, sente piuttosto il bisogno di ingannare il penoso fluire degli attimi.

Le grida sono a tratti rantoli, a tratti strilli secchi e profondi. Ecco: provengono da là.

Lysander scosta la cortina di tela grezza ed entra. Viene accolto da umori acri, in parte noti. Il sodalizio acre e dolciastro di sudore e sangue, per esempio. L'aria è anche speziata da qualche erba balsamica che esala dal braciere, oltre che da odori a lui sconosciuti.

Una serva sta partorendo.

La levatrice, china su di lei, la istruisce con calma, la invita ad accompagnare gli spasmi delle doglie che la pugnalano ricorrenti, con frequenza sempre maggiore. Le offre uno straccio da mordere. L'altra lo addenta, mugolante.