Non manca anche qualche piccola rivelazione riguardo al terzo episodio delle serie, non leggete, quindi, se non volete rovinarvi la sorpresa.
In pochi conoscevano Ian McKellen, prima dei suoi ultimi successi al cinema. Qualcuno magari ha visto il Riccardo III del 1995, da lui adattato, prodotto e interpretato. Nel 1998 ha ricevuto una nomination all'Oscar per il suo ruolo come James Whale, in Demoni e Dei. Ora, dopo che ha interpretato Magneto in X-Men 1 e 2 e, ovviamente, Gandalf nel Signore degli Anelli, tutti lo conoscono. Prima di tutto ciò aveva fatto solo parti in film minori, quidi non tutti sono al corrente che già da tempo è uno stimato attore di teatro, ed è apparso spesso nella TV britannica. In inghilterra è considerato così bravo che nel 1990 ha ottenuto il titolo di Cavaliere.
Molti potrebbero anche ignorare che è stato un attivista per i diritti dei gay, in Gran Bretagna, fin dal 1988. A quel tempo protestò contro l'allora Primo Ministro Margaret Thatcher, che considerava la "pubblica promozione dell'omosessualità" un crimine. "Ne ho abbastanza di essere un'icona gay", ha detto una volta. "Voglio una vita tranquilla e a volte vorrei rinchiudermi nel mio stanzino. Poi scopro che lo stanzino è pieno zeppo di altri attori come me!"
Nelle conferenze stampa dei primi due film della trilogia McKellen non potè presenziare, ma per Il Ritorno del Re, a Berlino, c'era. Ha aperto la conversazione dicendo "Sapete, la scorsa notte ho avuto un lungo incubo riguardo..."
Riguardo a cosa?
(Ridendo) Riguardo al party. Il party per la prima europea, tanto atteso. E' stato organizzato così male, fuori, all'aperto in mezzo a un campo. Non riuscivamo a metterci in contatto con gli invitati, cavolo è stato terribile.
Come gli esami universitari, quindi... non ci dormi la notte.
O come gli incubi degli attori. Gli attori hanno incubi particolari, sapete, specialmente quelli di teatro. Quando stai con gli altri e ripassi la parte, prima o poi arriva qualcuno che dice "L'ho avuto la scorsa notte." L'incubo di non essere capace di fare teatro o quello di scoprire improvvisamente, nel mezzo della prima serata, che non ricordi il terzo atto.
Dipende dall'insicurezza?
Sì, perchè in realtà tutti ci sentiamo un po' insicuri. D'altronde non è molto naturale stare in piedi davanti al pubblico, osservato da un sacco di sconosciuti. A voi non piacerebbe farlo, vero?
Ma allora cos'è che ti piace del teatro?
Oddio, mi piace per così tante ragioni che ci si potrebbe fare un libro! Dipende da quale periodo della mia carriera prendo in esame. Al momento mi piace perché è la cosa che so fare meglio, d'altronde è un'arte che ho praticato tantissimo, diventando un esperto in materia. Ma in altre occasioni mi è piaciuto per altre ragioni. Per esempio, quando ho cominciato, mi piaceva perché non sapevo farlo; cioè il bello era imparare. Inoltre negli anni '40 e '50 per me fare l'amore era un crimine per cui si andava in prigione, era qualcosa di cui non parlare. Mi era negato mostrare pubblicamente le emozioni, perché sarei potuto essere arrestato. Allora trovare un lavoro dove poter sfogare le mie emozioni è stata una liberazione, era un bisogno primario. Il che spiega perchè così tanti attori sono gay, in realtà. O, piuttosto, perchè tanti gay sono attori...
Tornando al discorso del teatro, cosa c'è di più naturale che raccontare una storia? Cosa c'è di più necessario, per la razza umana, del raccontare storie? E cosa c'è di più necessario del raccontare una storia a un pubblico? Secondo me è un bisogno che gli esseri umani sentono. Non hanno bisogno di cinema, hanno bisogno di teatro. E non importa se è una processione per strada, una banda che suona la marcia, una partita di calcio o un concerto pop; per me tutto è teatro. Quindi mi piace esserci dentro e mi sento molto fortunato a essere coinvolto in qualcosa che reputo così fondamentale, ha dato veramente uno scopo alla mia vita.
Ci stai dicendo che se ti avessero chiamato per fare Gandalf venti o trenta anni fa, avresti rifiutato?
Bè, effettivamente non mi sarei offerto per farlo. Tempo fa decisi di fare Riccardo III, un ruolo che conoscevo molto molto bene, avendolo portato a teatro in tutto il mondo. Del film scrissi anche la sceneggiatura, ma nonostante ciò dovetti buttarmi in un corso intensivo di recitazione cinematografica. Questo perchè non ero a mio agio in uno studio, pur avendo fatto un film all'anno, credo, da quando ho cominciato. Quando guardavo a quelli dietro la cinepresa, e spesso c'erano quaranta o cinquanta persone, li vedevo come nemici, come critici, come giudici. Tempo fa passai un paio di giorni con Schwarzenegger, poi feci un piccolo western in Montana (The Ballad of Little Jo), quindi un film di James L. Brooks (Una figlia in carriera). In seguito ebbi qualche altro ruolo, che gli amici pensarono fossi pazzo ad accettare. Solo dopo queste esperienze cominciai a vedere quelle persone dietro la cinepresa come miei amici; in realtà sono lì per aiutarti. Se non avessi fatto tutto ciò non sarei stato in grado di interpretare Riccardo III.
Ricordi quando hai sentito per la prima volta del Signore degli Anelli?
Come libro?
Sì, come libro.
Non aveva a che fare col mio lavoro, quindi non ricordo, no. Lessi Lo Hobbit e mi piacque, avevo solo una vaga idea di cosa fosse Il Signore degli Anelli. Voglio dire, però, quest'ultimo non fu un successo al momento della pubblicazione in Gran Bretagna, perlomeno non immediato. E' stato il riscontro ottenuto nei campus americani che ne fece un successo. Era una storia importante per i giovani del posto. Io non ho mai letto molti romanzi, piuttosto andavo al cinema o a teatro.
Cosa ti ha interessato del ruolo di Gandalf?
Non conoscevo il romanzo, ma ho letto il copione e ho pensato "Ehi, che storia eccitante, mi piacerebbe vederlo al cinema!". Certo se avessi pensato "Che storia noiosa questo film" non lo avrei inseguito così. Gandalf mi apparve immediatamente come un meraviglioso personaggio, anzi due personaggi! Sono molto fortunato, vero?! Poi ho avuto il primo incontro con Peter, è venuto a casa mia a Londra. Normalmente i registi non vengono a casa tua per incontrarti la prima volta, semmai succede il contrario. Insomma tutto sembrava favorevole. Ma per me non è stato, come per alcuni del cast, un sogno diventato realtà.
Nel primo film pensavamo che fossi morto...
Certo, sono stato ucciso.
Sì, ma poi nel secondo sei tornato. Ora, nel terzo, sei effettivamente uno dei più grandi tra gli eroi. Ma ci risulta che questo non era previsto dal copione originale. C'è stata una domanda di pubblico per una maggiore presenza di Gandalf?
E' giusto dire che Gandalf il Bianco nel terzo film è un po' cambiato e forse più potente. Quest'anno sono tornato a fare alcune riprese extra perché Peter voleva rinforzare il legame tra Gandalf e Frodo. In realtà questo legame nel libro c'era, ma non nella sceneggiatura iniziale. Peter, lavorando all'ultimo film, ha sempre cercato di suscitare forti emozioni nel pubblico. Non credo che sia stato fatto perchè qualcuno ha detto a Peter che Gandalf piaceva e quindi doveva vedersi di più.
Hai detto che questo ruolo, nel tuo caso, non è stato come un sogno diventato realtà. Guardandoti indietro adesso come la vedi?
Oh, è probabilmente il miglior lavoro della mia vita. Veramente. Ma non la migliore interpretazione.
Qual'è stata la tua migliore interpretazione?
Macbeth. Voglio dire, Gandalf non è veramente complicato, paragonato a Iago e quel tipo di ruoli. Ma il lavoro... come tutti ti potranno confermare, il lavoro è stato meraviglioso, sembrava di fare una specie di film amatoriale, nel cortile di Peter Jackson, insomma a casa con degli amici. Ci sentivamo come una famiglia. E abbiamo lavorato in un paese veramente magico, meraviglioso da visitare, dove tutti ti accolgono con piacere.
E poi gli amici che mi sono fatto fuori dal film. Ci tornerò tutti gli anni, la Nuova Zelanda ora è parte della mia vita. Aggiungici poi l'enorme successo che hanno avuto i film, cioè, mi hanno fatto conoscere quel lato del recitare che ha a che fare con l'essere famoso, cosa di cui sono molto felice. Certo, alcuni già mi conoscevano, il mio lavoro era conosciuto, ma ora sono famoso per questo ruolo. E' una fama che mi piace perché è strettamente correlata al lavoro svolto. Non sono famoso in quanto me stesso; sono famoso come colui che interpreta Gandalf. Sono come S. Nicola nel periodo di Natale; non sono il vero Babbo Natale, sono il suo rappresentante.
Tolkien non è Shakespeare, quindi.
No, non lo è. Ma è un romanziere che ha scritto un'epica, un'epica mitica. Per riassumere un po' crudemente, Tolkien ha scritto una storia, ed è la trama la cosa interessante riguardo Il Signore degli Anelli. Shakespeare, bè, le sue trame le ha prese tutte in prestito. La cosa più interessante riguardo Shakespeare sono i personaggi. Così, quando si tratta di recitare, puoi immaginare quale dei due preferirei, se mi fosse data la scelta.
Se non consideri la tua età...
Non lo faccio. (ride)
Quale altro ruolo, in questo film, avrebbe potuto interessarti?
Ah, io ho avuto la parte migliore, nessun dubbio a riguardo. Che poi in realtà, come dicevo, ho fatto due parti. Gandalf è un personaggio amabile. Ami gli altri personaggi? Potresti innamorarti di loro come di Gandalf? No, davvero, sono stato molto fortunato.
Christopher Lee (Saruman) ha detto che preferiva il tuo ruolo; se Peter ti avesse offerto il suo, avresti accettato?
Non so. Non è successo, quindi non saprei. Ripeto, anche in questo caso mi considero il più fortunato. Piuttosto invidio quello che ha fatto Andy Serkis. Ha fatto un pò di storia del cinema, con il suo Gollum. Il pubblico è molto soddisfatto del suo lavoro, particolarmente nel terzo film. Bè, Andy Serkis come Smeagol è una cosa che va vista. E' un ruolo estremamente interessante e comporta veramente un duro lavoro, che lui ha eseguito ottimamente. Sarebbe stato intrigante fare quello che ha fatto lui.
Comunque tutto fa parte del mio lavoro, anche il ruolo di Gandalf. Mi è capitato di imbattermi in questo ruolo, e mi è capitato di dire sì. All'inizio avevo detto no, perchè c'era un conflitto con le date di X-Men, quindi avevo dovuto ritirarmi dal progetto. Il caso ha voluto che quella notte, in un ristorante, ho incontrato Bob Shaye, il capo della New Line Cinema, che quando ha sentito che non potevo fare il film ha detto: "Lascia fare a me. Lo renderò possibile." Quindi tutto è scaturito da una serie di casualità. Sono estremamente felice per come è venuto fuori il tutto!
Ti piace la barba, il costume e tutto il resto, o questa è una parte del tuo lavoro che preferiresti evitare?
Come Laurence Olivier (che per me è una figura leggendaria), quando iniziai a recitare pensai che interpretare un ruolo voleva dire camuffarsi. Non proprio mentire, piuttosto camuffarsi, mettersi nasi finti, parrucche e roba del genere; lui lo faceva. Quando a un certo punto ho affermato di essere gay ho realizzato che recitare non aveva a che fare col camuffarsi, ma con l'essere te stesso ed essere onesto, attraverso il personaggio che interpreti. Più tardi ho evitato accuratamente il camuffamento. Ma Gandalf doveva apparire in un certo modo, il che in realtà mi è convenuto, perchè ora posso fare qualsiasi ruolo senza sentirmi dire "Che ci fa Gandalf in una storia di Strindberg?"
Tornando al confronto con la tragedia, come consideri la mancanza di sfumature in Tolkien, col male da una parte e il bene dall'altra?
Il racconto epico è una semplificazione. Tolkien era cattolico, credeva nel male, in una sorgente del male. Io no. Comunque, non era realmente interessato a quella sorgente. Sauron, come si sa, non appare nel film, non è un personaggio. Tutta la concentrazione è sui popoli, o creature, di buone intenzioni. Su quelli che provano a fare del bene per il mondo e per le comunità di cui fanno parte. Suppongo che il semplice morale della storia è che se le persone si comportassero così, il bene trionferebbe nel mondo. Penso che la tragedia sia una cosa diversa. In questo film nessuno muore; bè, a parte Boromir. Frodo non muore, va ai Porti Grigi, in compagnia molto piacevole: è con Galadriel e Celeborn, Gandalf e Bilbo. Insomma ovunque vadano si prospetta loro un periodo meraviglioso.
Pensi che questa sorta di semplificazione sia parte del successo dei film?
Sì, penso che chi vede il film si senta in qualche modo rassicurato. Forse il successo del film e del romanzo dipende dall'enfasi che viene posta sui personaggi "buoni". E noi ci identifichiamo in queste persone, che cercano di fare sempre il loro meglio. Le forze che hanno questi personaggi non sono sovrumane; sì, Gandalf è più di un uomo, mi piace il fatto che lancia incantesimi quà e là, ma in realtà, quando nel film si viene al dunque, è lì che lotta con spada e bastone. Sono la forza e i poteri che ha dentro di sé che lo portano alla vittoria, non la magia. Gandalf non è Magneto.
Ti piacerebbe vincere un Oscar?
Mah, certo sarei felice di vincere un Oscar, come sono stato contento di ottenere il titolo di Cavaliere, ma in realtà non è una cosa così importante; la miglior ricompensa è il lavoro fatto bene. Il vero metro di giudizio è l'approvazione dei tuoi pari, delle persone con cui lavori, del regista. E del pubblico. Quello che mi delude del fare un film è che di solito non vieni a contatto col pubblico, ma in questo film è stato diverso. Ti chiamano per la strada... "Gandalf!"... è meraviglioso. Il mio senso di appagamento e di successo ha avuto alti e bassi, al momento è a un punto particolarmente alto. Ma so che nella vita non sarà sempre così. Comunque sarei perfettamente felice anche lavorando in teatro, con un centinaio di persone per pubblico, finché riesco a farli divertire.
C'è qualcuno che tieni in particolare considerazione? Ad esempio se quella persona ti telefona e dice "Ehi, questo è un film dannatamente buono", pensi "Bè, allora ho fatto un buon lavoro." Hai menzionato Laurence Olivier, per esempio.
Sì, esattamente. Nel 1981 feci un film con Stephen Frears chiamato Loving Walter. (Tra l'altro è stato appena rilasciato in DvD e lo raccomando sicuramente, si vede il Frears dei primi tempi, mentre io interpreto un malato mentale). Il film fu trasmesso su Channel 4 (Un canale della TV britannica, NdT). Il telefono ha squillato immediatamente dopo la trasmissione, era mia sorella. Mi ha telefonato per dire... che l'ha odiato, ne ha guardato solo un quarto d'ora e non poteva sopportare di vedermi interpretare un malato mentale, di fare parti terribili come quelle.
Allora mi sono sentito molto depresso... ho riagganciato e ha squillato di nuovo. Ho alzato la cornetta e una voce ha detto, "Sono Larry Olivier. Vorrei dire che questa è la più bella performance che abbia mai visto in televisione."
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