Un soldato giunto ad una svolta della vita. Un collezionista di automobili in viaggio su una strada deserta. Un impiegato dello spazio in attesa del suo sostituto. Un giornalista e una spedizione scientifica alla ricerca degli spettri. Due Talenti psichici ingaggiati per indagare su una religione aliena. Un innamorato deluso che vuole dimenticare il passato. Un commerciante di manufatti alieni su un pianeta in guerra. Un viaggiatore giunto al limite dello spazio conosciuto. Una ragazza sola in un gelido inverno. Un’innamorata alla ricerca del suo uomo.
Dieci storie, una manciata di protagonisti alla ricerca di qualcosa che forse è impossibile da trovare, sospinti da forze incomprensibili, più grandi di loro.
George R.R. Martin prima delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Prima della creazione di una delle saghe più importanti della fantasy, lo scrittore statunitense era noto soprattutto per i suoi racconti di fantascienza. Dieci di questi testi vengono ora riproposti in Italia nell’antologia Le torri di Cenere.
Purtroppo, come da consolidata prassi Mondadori, anche questo volume in realtà non è che una parte dell’antologia disponibile in lingua originale. Nel 2003 la Subterranean Press aveva pubblicato un corposo librone che – romanzi a parte – riassumeva la produzione dello scrittore di Bayonne. GRRM: A Rretrospective comprendeva, nel suo migliaio di pagine, trentacinque opere fra racconti, sceneggiature televisive e saggi, raggruppati in otto sezioni. Ciascuna di queste sezioni era introdotta da un testo autobiografico.
Fantascienza, fantasy e horror erano ugualmente rappresentati in testi molto diversi fra loro e indipendenti l’uno dall’altro. Si poteva leggere una sceneggiatura di Twilight Zone, due racconti dedicati ad Haviland Tuf, altri due della serie Wild Cards, e The Hedge Knight in rappresentanza delle Cronache.
Il volume, lievemente modificato, era stato successivamente ripubblicato da Bantam Spectra con il titolo di Dreamsongs.
Per l’ennesima volta, quindi, il lettore italiano si trova a poter acquistare solo una parte – un terzo circa – di quanto originariamente pubblicato in inglese.
Trattandosi di racconti la divisione è meno penalizzante del solito. Ognuno dei testi scelti per quest’antologia è perfettamente godibile così com’è, ma non si può non provare fastidio per una politica editoriale "furba", e priva di rispetto per il lettore e per le sue aspettative. Spiace anche per la scomparsa dei testi autobiografici.
La seconda sezione (Breaking Through) con i suoi quattro racconti è tradotta integralmente, mentre della terza sezione (The Light of Distant Stars) sono presenti cinque racconti su sei.
Altro scivolone in copertina: Martin “il maestro indiscusso del fantasy americano”. Peccato solo che tutti i testi compresi in questo volume siano di fantascienza, con al massimo qualche puntata verso il fantastico. E anche se secondo il risvolto in quest’antologia si trovano “molte proposte, del tutto inedite in Italia”, gli inediti sono solo quattro. Gli altri sei testi, per quanto ormai di difficile reperibilità, erano già stati tradotti e pubblicati in svariate antologie fra il 1977 e il 1996.
Tolti i "sassolini", passiamo ai dieci racconti di Le torri di cenere.
Stupendi.
Si tratta di testi scritti negli anni ’70, e quindi appartenenti agli inizi della carriera. A cominciare da L’eroe, il primo racconto pubblicato da Martin.
In quattro brevi scene, un’azione di guerra, un colloquio con un superiore, e due successivi momenti che ne illustrano le conseguenze, l’autore delinea perfettamente la cultura dei personaggi. Il loro mondo, le loro aspirazioni e la loro psicologia sono mostrati senza giri di parole, in modo essenziale ma straordinariamente efficace.
È questo lo stile caratteristico di tutto il volume. Nessuna azione di troppo, nessuna parola che non sia realmente funzionale alla costruzione di una scena o di un’atmosfera. I dialoghi giungono subito al punto, senza voler cercare la frase a effetto. E quando si finisce la storia, si sente il bisogno di fermarsi un po’, come per assimilare e digerire quanto letto finora. Per accettare la vicenda, con i suoi lati oscuri e i suoi sottintesi inquietanti.
Non c’è consolazione in questi testi, non c’è il “lieto fine” nel senso tradizionale del termine. Anche quando le storie hanno un finale positivo resta una sensazione strana dentro, come di malinconia. Rimpianto per eventi che avrebbero potuto svolgersi in modo diverso, o una sottile inquietudine per qualcosa impossibile da modificare.
In diversi racconti si ripetono alcuni nomi. Port Jamison, il pianeta Avalon, gli oggetti realizzati in duralloy e il culto di Bakkalon formano un curioso filo d’unione fra queste storie ambientate in un imprecisato, lontano futuro. I protagonisti cambiano, le vicende narrate non hanno alcun legame l’una con l’altra, ma la sensazione di essere sempre nello stesso universo, di poter rincontrare in qualsiasi momento personaggi già noti, rimane.
Da Questa torre di cenere a …E ricordati sette volte di non uccidere mai l’uomo, da La città di pietra a Fioramari, sembra quasi di percepire un eco che ci ricorda che tutte le storie, in fondo, non sono che frammenti di un’unica, grande Storia. I personaggi scompaiono quando hanno esaurito il loro compito, ma il cammino del genere umano prosegue inarrestabile il suo passo.
E anche se questa è un’antologia di racconti, rimane presente, seppur in sottofondo, la consapevolezza di un respiro più vasto, che si espande dalle poche pagine dedicate a ogni singola vicenda per andare ad abbracciare una buona parte del volume.
L’uscita per Santa Breta è narrato in prima persona da un automobilista che si ritrova a viaggiare di notte su una strada deserta. Un viaggio in un immaginario futuro che avrebbe potuto essere non troppo lontano dai nostri tempi. Un mondo tanto normale, nella sua tranquilla quotidianità, da apparire ai nostri occhi perfettamente plausibile. Tanto vicino, da renderci molto semplice l’immedesimazione. Per poi scoprirci impotenti di fronte all’irrompere dell’irrazionale.
Le vicende di Solitudine del secondo tipo sono raccontate dal diario quasi quotidiano del protagonista. L’attesa del sostituto, la routine quotidiana e gli aspetti più affascinanti del suo lavoro vengono narrati con aspettativa ma anche con soddisfazione, e con la consapevolezza di ricoprire un incarico impegnativo e importante. Ma accanto all’oggi si fa strada il passato, tornano i ricordi con i loro rimpianti e le loro speranze.
Lucidamente, Martin entra nell’animo sempre più febbrile del protagonista e lo segue nei suoi interrogativi e nelle sue preoccupazioni, fino ad arrivare allo sconvolgente finale.
Con Al mattino cala la nebbia si torna a una storia dal respiro più vasto. Se nei due racconti precedenti c’era un unico punto di vista e mancavano dei veri dialoghi volti a una trasformazione interiore dei personaggi, qui le conversazioni fra Sanders, il proprietario di Castle Cloud, il “castello delle nuvole” e Dubowski, il capo della spedizione scientifica, mostrano la voglia di comunicare all’altro le proprie idee e contemporaneamente l’impossibilità di farlo. Fra i due si colloca il giornalista-narratore, affascinato da Sanders e dalle sue domande, e spettatore impotente del malinconico epilogo.
Canzone per Lya, vincitore del premio Hugo nel 1975, è il racconto più famoso e più lungo presente nel volume.
Vi compare un elemento spesso visto anche nel fantasy, quello della lettura dei pensieri e dei sentimenti altrui, o della loro condivisione fra due Talenti. Ma la telepatia e l’empatia, strumenti potentissimi per avvicinare due persone o per indagare su un mistero, possono anche allontanare, creare fratture insanabili o rivelare i limiti delle possibilità umane.
Compare la musica, elemento magico capace di unire ma anche di dividere. Nella Canzone per Lya, come ne Le solitarie canzoni di Laren Dorr, la musica rivela il potere di cambiare la vita e di donarle un nuovo significato. Anche se a volte questo non è sufficiente, e c’è chi rimane indietro.
Chi aspettava con ansia la seconda parte di A Feast for Crows potrà forse rimanere deluso dalla scelta dell’editore di proporre ora parte di un’antologia e rimandare la conclusione del romanzo ai prossimi mesi. Il mio consiglio è di non consentire alla pur legittima delusione di prendere il sopravvento fino a ignorare questo libro.
Anche in forma così ridotta, Le torri di cenere contiene delle vere e proprie perle. Scritte bene, appassionanti fino all’ultimo, con personaggi vivi e conclusioni che non si dimenticano facilmente, quest’antologia non può assolutamente mancare nelle librerie degli amanti del genere.
2 commenti
Aggiungi un commentoMolto interessante questa recensione, approfondita e stuzzicante.
Visti i commenti espressi viene voglia di leggere il libro, ma, per quanto mi riguarda, non di acquistarlo: non voglio "premiare" una delle principali case editrici italiane che si comporta in modo così sleale con i lettori. Prendere un altrologia di mille pagine per creare un libricino che ne rappresenta un terzo è veramente una presa in giro. Con "le cronache" il lettore può anche decidere di bere l'amaro calice, tanto prima o poi uscirà il volume successivo, ma qui invece non si sa se prima o poi troveremo anche gli altri racconti di martin in italiano....forse si visto che vendere tre libri da 18 euro è meglio che venderne uno da 25!
Eccessiva?
Sacrosanta, Shimon!
In fondo, il mercato siamo noi. Che la Mondadori impari. Sempre più lettori la snobbano. Forse un giorno diventerà una tendenza abbastanza importante da doverne tener conto.
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