Ottobre è un mese importante per tutti i fan di George R.R. Martin. La notizia che gli appassionati delle Cronache del ghiaccio e del fuoco stavano aspettando da parecchio tempo è finalmente arrivata: a un anno di distanza da Il dominio della regina Mondadori pubblicherà la seconda parte di A Feast for Crows.
Il volume dovrebbe intitolarsi La guerra dei sette regni, ma, visti i precedenti, il condizionale è d’obbligo.
Già un primo segnale d’incertezza da parte della casa editrice si era avuto con il sesto volume italiano, corrispondente alla seconda parte del terzo romanzo, A Storm of Swords. Annunciato come Il popolo libero, era poi arrivato nelle nostre librerie con il titolo I fiumi della guerra.
Ancora più travagliata la scelta dell’ottavo titolo, in bilico fra Il dominio di re Cersei e Il regno della regina Cersei, risolta infine con un più breve (e meno spoileroso) Il dominio della regina.
Per quanto riguarda la storia, si sa che proseguiranno le vicende ambientate nei Sette Regni, e che alcuni dei personaggi più amati quali Tyrion, Jon Snow e Daenerys brilleranno per la loro assenza.
Essendo la seconda e ultima parte del volume originale, questo testo dovrebbe avere un ritmo più incalzante rispetto al precedente libro italiano e portare a conclusione qualche filo secondario della trama.
Ricordiamo che A Feast for Crows è nato, quasi contro la volontà dell’autore, come un volume di transizione. Le sue vicende, che inizialmente dovevano fungere da semplice prologo per il vero e proprio romanzo, si sono sviluppate a tal punto da costringere Martin a dedicargli uno spazio piuttosto ampio. Da qui la divisione fra gli eventi narrati nel quarto romanzo, uscito negli Stati Uniti nel novembre del 2005, e quelli, in parte contemporanei, di A Dance with Dragons, ancora in corso di scrittura.
Per quanto riguarda il quinto volume (in originale) continuano i periodici aggiornamenti di Martin sui suoi lenti progressi. Una ventina di giorni fa sul suo sito lo scrittore di Bayonne raccontava di aver letto per la prima volta la nuova versione completa del prologo alla convention di Indianapolis.
La scrittura, si sa, è un lavoro solitario, nel quale è praticamente impossibile avere un riscontro con il pubblico e capire se ciò che si è scritto funziona davvero oppure no. In questo senso le letture pubbliche alle conventions sono sempre state fonte di stimolo e di confronto per l’autore delle Cronache. La reazione del pubblico alle sue parole, di approvazione e interesse ma anche di perplessità, lo aiutano a distinguere i passi meglio riusciti dagli altri. Il suono stesso della sua voce lo aiuta a trovare le ripetizioni o le espressioni troppo contorte, che hanno bisogno di essere modificate.
Da questo punto di vista la giornata di Indianapolis è stata produttiva. Anche se il pubblico ha gradito la lettura, segno che la storia procede piuttosto bene, sono emerse diverse cose da rivedere.
Si tratta comunque di uno dei capitoli più complessi del romanzo, complicato nella sua struttura da diversi flashbacks da integrare fra loro e con le azioni in corso di svolgimento.
Forte della lettura pubblica, e delle impressioni da essa ricavate, Martin si è subito tuffato nella revisione fino a ottenere – sono parole sue – una versione leggermente più breve ma molto più forte e convincente, con una migliore resa dell’atmosfera e passaggi più incisivi. Inoltre in quest’ultima versione è riuscito a includere un elemento importante che in precedenza era rimasto fuori, e questo è per lui fonte di soddisfazione.
Martin ha anche confessato di aver lottato con questo capitolo, in modo non continuativo, durante tutto l’ultimo anno, ed essere infine arrivato a questa stesura è un buon segno per l’intero libro. Anche se non è detto che sarà la versione definitiva.
“Quando un capitolo è davvero finito?” si chiede di fronte ai suoi lettori. “Quando è abbastanza buono?”. Una domanda dalla risposta difficile, e che evidenzia la tentazione di continuare a rivedere quanto già scritto, in cerca di un’illusoria perfezione. Con il rischio, neanche troppo nascosto, di finire per bloccarsi su un unico passaggio, senza riuscire ad andare oltre.
A piccoli passi, A Dance with Dragons prosegue. Più lentamente di quanto sperassero il suo autore, i suoi editori e soprattutto i suoi lettori, il romanzo continua a prendere forma.
5 commenti
Aggiungi un commentoPerò non se ne può più di questa politica editoriale che spezza in due i testi originali. Che voi sappiate qualcuno ha provato ad informarsi sulla legalità di questa prassi. Non sarà che poi scoprirà illegale come i costi di ricarica dei cellulari?
Il dubbio è venuto anche a me.
Non è corretto minare l'integrità di un opera per fini commerciali. Solo l'autore può. Il gradimento dell'intera opera può essere compromesso.
Di solito, ragazzi, l'editore si assicura pieno potere sulla forma editoriale da utilizzare (tipo di volume, carta, inchiostro, grafica, eccetera - non scherzo, c'è tutto!). Se l'autore firma il contratto vendendo i diritti all'estero, per la traduzione, allora non ha più potere sull'iter della sua opera.
Quindi credo che sia una porcata legale, pur non avendo letto i contratti personalmente.
Probabilmente...hai ragione tu. Nei diritti dell'acquirente-editore saranno ricompresi anche queste tipologie di scelte editoriali.
Ma il dubbio è più che lecito considerando, a mio avviso, decisamente meno incidente elementi come la qualità della carta e i cartteri, rispetto ad un eventuale frammentazione dell'opera.
p.s. Negrore, complimenti per il blog. Mi è risultato una lettura piacevole ed interessante.
Vero, sono cose meno importanti. Era per dire che gli editori, specie se grandi, tendono a regolare qualsiasi minimo aspetto delle opere che decidono di pubblicare. Essendo una cosa sintomatica, ritengo sia difficile credere che si permettano di spezzare un'opera senza essersi prima assicurati di poterlo fare legalmente, con il consenso di tutte le parti (tranne che col consenso dei lettori! Che, però, se continuano a comprarli... ).
Grazie.
Passa ogni tanto. Ogni tanto sembra abbandonato, ma è soltanto apparenza... sono sempre qui, anche se a tratti annaspo.
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