Bradbury passa per essere uno dei padri della fantascienza, e alcuni dei suoi romanzi rimangono come fulgidi esempi di prosa sognante e di freschezza inventiva; ma è lui stesso a rifiutare la definizione: 

"Non ho mai scritto molta fantascienza, è un'etichetta che mi hanno appiccicato (…). La fantascienza che ho scritto è Fahrenheit 451: infatti tutto quello che è nel libro è completamente possibile (…). Gli altri miei scritti sono fantasy; (…). Le Cronache marziane sono una fantasia. La differenza? La fantascienza è la scienza del possibile, io invece scrivo l'impossibile (…). La fantascienza deve essere possibile, la fantasia è l'arte dell'impossibile: se fai camminare la gente attraverso i muri, è fantasia; se scrivi fantascienza devi disintegrare il muro per poterlo attraversare, e devi farlo usando le leggi della fisica (…). Io sono uno scrittore di mitologie e un raccoglitore di metafore (…)"

Vicinissimo al fantasy anche il volume L'uomo illustrato, che raccoglie 18 racconti dei quali un misterioso vagabondo reca traccia dipinta sul suo corpo.

La storia già raccontata al cinema nel 1969 dal regista Jack Smight tornerà sul grande schermo per mano di Zack Snyder (300) sotto l'ala della Warner Bros. e con la sceneggiatura di Alex Tse (Watchmen).

Curiosi riguardo al libro? ecco un piccolo assaggio:

«Era un caldo pomeriggio all’inizio di settembre quando mi imbattei nell’Uomo Illustrato. Camminavo lungo una strada asfaltata, ultima tappa di una escursione a piedi di due settimane attraverso il Wisconsin. Nel tardo pomeriggio mi fermai, mangiai del maiale, fagioli e una frittella dolce e mi apprestavo a sdraiarmi a leggere quando l’Uomo Illustrato arrivò da dietro la collina e restò lì fermo un momento, ritto contro il cielo.

    Allora non sapevo che fosse illustrato. Sapevo solamente che era alto e doveva essere stato muscoloso un tempo anche se ora, per una qualche ragione, tendeva ad ingrassare, Ricordo che aveva braccia …»

«Era quasi mezzanotte. La luna, oramai, era alta nel cielo. L’Uomo Illustrato giaceva immobile. Avevo visto quello che c’era da vedere. Le storie erano state raccontate tutte; erano concluse.

    Rimaneva soltanto quello spazio vuoto sulla schiena dell’Uomo Illustrato, quella zona di forme e colori confusi. Ora, mentre stavo a guardare, la macchia indefinita cominciò a raccogliersi, in un lento dissolversi da una forma a un’altra a un’altra ancora. E infine in quel punto prese forma una faccia, una faccia che mi fissava dalla carne colorata, una faccia con un naso e una bocca familiari, con occhi familiari.

    Era ancora molto. …»