«Ti sbagli Soral, è Zelach che ci ha fatto schiavi, solo lui. C’era un tempo in cui eravamo davvero contadini felici. C’erano frutti in abbondanza perché i campi erano lavorati con gioia e Madre Terra era generosa con tutti. Al succedersi delle stagioni si facevano grandi riti propiziatori, con fuochi, canti e balli. Poi è giunto lui e tutto si è oscurato. Non c’è più gioia. Per questo motivo i campi sono così duri da lavorare, adesso.»

«Quei tempi lontani possono ritornare! Tocca a noi lottare per cacciare Zelach! Liot dice che ci serve del tempo per organizzarci, ma credo che abbia troppa paura e alla fine non farà niente. Nonno, anche tu pensi che non ci sia nessuna speranza? Zelach è davvero immortale?»

«Non può esistere una creatura in grado di sfuggire alla morte.» La voce del vecchio era stanca, improvvisamente consapevole che le sue reminescenze avevano contribuito senza volerlo ad acuire l’inquietudine del nipote. «La morte è vita e la vita è morte. Si danno la mano e formano un cerchio. Tutto ciò che nasce aspetta di morire, in un infinito ciclo naturale. Zelach ha fermato o rallentato il suo tempo, ma non credo che sia immortale.» appoggiò la schiena al muro di pietra e guardò Soral dritto negli occhi. «E’ potente, astuto e maligno. Ha un esercito di soldati malvagi e assetati di morte, che ci dominano con il terrore e ci uccidono con lo sguardo. Tu non puoi niente, non pensarci nemmeno. L’unico consiglio che posso darti è di ascoltare tuo fratello e di stargli sempre vicino.» Soral aprì bocca per replicare, ma il nonno continuò. «Ascolta! I miei occhi hanno visto morire uomini più forti e coraggiosi di te, tra i quali c’era tuo padre. Promettimi che non farai mai niente senza prima parlarne con me o con Liot. Promettimelo!»

Soral era deluso e sorpreso. Non credeva che il nonno fosse capace di parlare così, arrestando i suoi sogni di libertà. Nella stanza era calato il silenzio: anche Liot e sua madre attendevano la promessa di Soral.

«Te lo prometto.» disse infine il giovane, chinando il capo in segno di resa e il nonno lo abbracciò forte a sé.

«Sei ancora giovane e, per questo, impulsivo e avventato. La tua migliore saggezza adesso è ascoltare chi è più vecchio di te.» fece un lungo respiro e poi si alzò, sorridendo. «Adesso andiamo a tavola, ho proprio fame.»