Come ha iniziato a scrivere?

“Credo di essere tra i pochi fortunati al mondo che non sono mai stati respinti da un editore: a tredici anni ho scritto il mio primo racconto per il giornalino della scuola che è stato subito pubblicato. A diciassette ho scritto il mio primo romanzo che venne pubblicato quando avevo ventidue anni e da quel momento non ho più smesso.”

Che cosa l’affascina della scrittura?

“Scrivere mi diverte molto da sempre: amo prendere la vita, farla a pezzettini e usare i frammenti per scrivere nuove storie. Non passa giorno senza che io non scriva, sia a casa, sia quando promuovo un nuovo libro in giro per il mondo. Inoltre ho una piccola superstizione personale: appena finisco di scrivere un romanzo inizio subito a prendere appunti per il nuovo, magari due righe o il titolo di un capitolo. Mi ritengo fortunato di poter fare un mestiere che mi piace, potermi alzare ogni giorno e avere l’ispirazione per scrivere.”  

Lei spesso viene etichettato come scrittore per ragazzi. Si riconosce in questa definizione?

“Assolutamente no. Il fatto di avere scritto qualche romanzo per ragazzi e che alcuni di essi appartengano alla saga Mondo Disco, fa sì che mi ritengano uno scrittore di questo genere. Se un ragazzo è protagonista di un libro si è subito convinti che si tratti di un romanzo per ragazzi. Io mi considero uno scrittore.”

Parliamo di Mondo Disco. Come è nato?

“Mondo Disco nasce all’inizio degli anni Ottanta come antidoto alla

fantasy classica con maghi, streghe, elfi e nani. Era giunto il momento di divertirsi e il modo migliore per farlo era partire dalla fantasy che tutti conoscevano prendendola sul serio e raccontare come sarebbero andate le cose se tutto fosse stato vero. E credo abbia funzionato, dal momento che il prossimo anno la saga festeggia i suoi primi venticinque anni.”

Lo stesso accade con questo nuovo romanzo, Stelle cadenti, una satira del mondo del cinema.

“Sì, qui è ancora più facile perché Hollywood stessa è un fantasy: fa film su di sé, offre molti spunti, ed è anche molto reale. Basta pensare all’episodio del reggente della città di Ankh-Morpork che ha potere di vita e di morte su tutti e si trova in carrozza con la giovane e avvenente Ginger. E si trova sorpreso nello scoprire che le persone riconoscono più lei che lui. Non vi ricorda qualcosa?”

Che cosa rappresenta per Lei quindi il genere fantasy?

“La fantasy potrebbe essere descritta come un bel condimento per un libro. E’ quel tocco in più che altri generi letterari non possiedono. Uno scrittore di gialli, di rosa, di libri storici, ha a propria disposizione una normale tavolozza di colori, mentre chi si occupa di fanatsy ha in più l’oro e l’argento che rendono la storia unica e permettono di esplorare mille possibilità. Inoltre, nei miei romanzi, capita che quando affronto grandi temi il senso dell’umorismo arrivi furtivamente, da sotto la porta mentre la serietà sta ancora bussando.”

E’ tra gli scrittori più letti del mondo. Nel corso degli anni ha ricevuto numerose e prestigiose onorificenze, tra cui diverse lauree honoris causa ed è stato nominato Ufficiale dell’Impero Britannico per meriti letterari. La fama e il successo economico l’hanno cambiata?

“Mio padre diceva: mai rifiutare una medaglia, una promozione o un aumento di stipendio. Sono ancora stupito del fatto di aver ricevuto tale onorificenza dalla regina d’Inghilterra, io che considero il mio lavoro tutt’altro che letteratura. Comunque posso dire che ritengo esistano due tipi di ricchezza: una verticale, tipica di coloro che hanno tutto: jet, yacht, ville e non si accontentano mai. Non sono felici perché sono sempre in competizione con chi è più ricco di loro e non smettono di comprare beni più grandi. E poi c’è la ricchezza orizzontale che io preferisco, quella che mi permette di fare con più agio ciò che mi piace. Viaggiare più comodo in prima classe e in grandi hotel, comprare libri costosi che amo molto e arricchire così la mia biblioteca privata, costruirmi un ufficio molto bello dove possa scrivere.”

Avevamo molte altre domande da porgli ma purtroppo pressanti richieste da altri, pongono fine al nostro colloquio.