Avvicinare, da un qualsiasi punto di vista saggistico, la mole di pagine che compone la saga di Harry Potter non è un compito facile. Diventa però addirittura gigantesco se si tratta di esaminare criticamente, in quella mole, il lavoro di traduzione compiuto sul testo originale.
Una possibile soluzione al problema è presentata da questo agile e scorrevole saggio, scritto dalla traduttrice professionista Ilaria Katerinov, che si articola in quattro parti dove vengono riassunte le sfide più tipiche della traduzione di un testo: nomi propri; anagrammi, frasi idiomatiche e doppi sensi; errori e incongruenze; accenti e dialetti.
Tuttavia, seppure 'domato' in questo modo, il territorio da esplorare rimane ancora molto vasto, e allora ecco soccorrere delle sottocategorie, ciascuna corredata da esempi tratti dalla saga.
Non si tratta quindi, di un esame completo dell'opera omnia, che necessiterebbe un lavoro pluriannoso e forse anche sterile agli occhi del normale lettore, ma di un interessante spaccato, ben documentato e ben scritto (e perciò alla portata di tutti) sulle insidie generali più comuni che si nascondono in un testo straniero e in particolare su molte di quelle offerte da un testo così peculiare come l'epopea di J.K. Rowling.
Tutto ciò fornisce al lettore non addetto ai lavori un duplice strumento didattico: da un lato perché evidenzia le particolarità culturali e semantiche che sono parte integrante della saga magica, dall'altro perché dà conto del difficile mestiere del traduttore, che quasi sempre rimane nascosto dietro le quinte ma che gioca una grossa parte nel rendere più o meno apprezzabile un romanzo.
Non propugnando, per le ragioni evidenziate in apertura, uno sguardo d'insieme 'orizzontale', bensì un'esame di catalogazione 'verticale', l'andamento del discorso assume, per forza di cose, un ritmo leggermente spezzato. Ma non per questo il succo del lavoro diventa meno godibile. Per contro, questo sistema permette una maggior profondità di analisi, potendosi concentrare di volta in volta su esempi concreti e specifici.
Le spiegazioni relative alle scelte operate dai traduttori di Salani, la casa editrice che pubblica Harry Potter nel nostro Paese, vengono ampiamente sviscerate. A volte viene offerta anche una possibile alternativa, a dimostrazione di come l'opera di traduzione non sia una rigida formula matematica, ma una delicata operazione di sensibilità a tutto campo, poiché coinvolge, oltre all'ovvia padronanza sintattica e semantica delle due lingue fra le quali ci si deve muovere, la cultura particolare del Paese di orgine del romanzo e del Paese in cui il testo deve essere tradotto.
Dopo l'analisi di ogni termine o problematica presi ad esempio, il saggio distribuisce critiche ed elogi in maniera equanime in merito alle soluzioni finali adottate da Salani. E se, con riguardo a quest'ultimo punto, si entra talvolta nel campo minato del gusto soggettivo e dunque il lettore - pur edotto sulle premesse linguistiche che hanno determinato l'una o l'altra scelta - può trovarsi anche a dissentire con l'opinione espressa, il lavoro scientifico di disamina resta comunque prezioso e inoppugnabile.
Il volumetto si conclude con una quinta parte dedicata alle differenze di traduzione fra Inglese britannico e americano, arricchendo ulteriormente la prospettiva, dal momento che se due Paesi la cui lingua ha un'origine comune rischiano spesso di non intedersi su determinati vocaboli, ancor più preziosa appare l'opera del traduttore straniero che deve incaricarsi di traghettare quegli stessi concetti in una lingua di ceppo completamente diverso come quello neolatino cui appartiene il nostro Italiano.
In definitiva, siamo di fronte a una pubblicazione che arricchisce senz'altro la saggistica italiana su Harry Potter conducendola, con grazia e competenza, su un terreno che finora era stato esplorato solo in parte.
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