Ma se il GDR può senz'altro aiutare a costruire un'ambientazione fantastica, c’è anche chi non ritiene questo requisito veramente indispensabile per fare un buon lavoro. Un autore che non ha bisogno di presentazioni, Michael Moorcock, dice di non essere mai spinto dall’ambientazione nelle storie che scrive. E’ l’ambientazione, che Moorcock spesso descrive in pochi rapidissimi tratti, a doversi adattare alle esigenze e alle atmosfere della storia. Stiamo parlando di uno scrittore dallo stile sintetico ed essenziale, nulla di strano quindi: Moorcock mette l’ambientazione in secondo piano e, per esempio nei Regni Giovani che fanno da contorno al suo mondo, la riduce al minimo indispensabile. Eppure non è sempre così, e non per niente le opere di questo scrittore sono alla base di un GDR, Stormbringer. Perché dove necessario, ovvero nella descrizione della civiltà dei Melniboneani, egli profonde un notevole impegno, dal momento che l’Isola Sognante e la città di Imryrr sono base fondamentale delle storie del suo eroe, Elric.
E dal momento che parliamo di trama, pensando alla difficoltà di realizzarne una bella e avvincente, credo che l'aiuto di un qualsiasi strumento valido non sia da rifiutare: e anche qui il GDR può venire in soccorso.
Ma bisogna stare attenti. Innanzitutto, per averne uno stimolo bisogna, anche qui, saper fare un uso creativo del GDR. C'è chi si limita ad acquistare "moduli" e scenari pronti da giocare: e li interpreta con poca flessibilità, spesso costringendo i giocatori a procedere nella direzione voluta (il famoso “railroading”). In questo modo chi fa l'arbitro non allena la propria creatività, e chi fa il giocatore non può dare un contributo.
Saper fare un uso creativo del GDR significa invece essere in grado di costruire le proprie storie, il che, come dicevamo prima per le ambientazioni, ha indubbiamente il vantaggio di essere gratis. Basta partire magari da elementi semplici: un obiettivo da raggiungere, un mistero da scoprire, un antagonista. Del resto i teorici della letteratura hanno scomposto le trame in relativamente pochi componenti base, perciò non è così difficile entrare nei fondamenti della creazione narrativa. La stupenda mappa e il mondo che abbiamo immaginato li riempiamo di amici, avversari e pericoli vari, diamo ai giocatori uno scopo per cui valga la pena di battersi e il gioco è fatto. Più semplice a dirsi che a fare per davvero, ma ne vale la pena: se non altro, è un modo per usare la propria fantasia e non vivere di riflesso su quella di un altro. E’ anche probabile, giocando, che si riesca a usare con più facilità il materiale che abbiamo creato noi stessi (e di cui ci sentiamo padroni) che quello scritto da altri (che comperiamo già pronto ma dovremo faticosamente imparare).
Ovviamente nel GDR ci sono filosofie che stimolano di più creazione e narrativa, come altri stili più strettamente rivolti alla simulazione (come se fosse un gioco di guerra). Nella creazione della trama l’arbitro può essere inaspettatamente aiutato dai giocatori, in effetti,
e se ha la maturità sufficiente potrà sfruttare questa creatività, facendo della storia una creazione condivisa. Questo indipendentemente dal tipo di regolamento che si sta adottando. Oltre alla possibilità di godersi qualche sessione di gioco memorabile, sono occasioni in cui possono nascere spunti inaspettati per lo scrittore.
Un'altra tecnica non semplicissima è quella di lasciare ai giocatori (entro i limiti del possibile) libertà d’azione riducendo i suggerimenti al minimo. Questo, certamente, comporta del lavoro in più e una certa capacità di improvvisazione, ma è anche un grande allenamento per creare da un aggancio minimo un qualcosa da raccontare e da sviluppare in una trama complessa.
Anche i fattori pratici di una trama possono essere sviluppati con l'aiuto dell'esperienza tratta dal GDR. Se i giocatori, per esempio, percorrono una certa strada bisogna calcolare cosa fanno (o dove vanno) i loro amici e i loro antagonisti. Se c'è un avversario consapevole e attivo, è ovvio infatti che stia studiando la prossima mossa, proprio come i giocatori: sarebbe banale che decida di starsene seduto ad attendere che un manipolo di eroi gli venga sotto il naso per buttare l'anello nel fosso (non è una critica ai mostri sacri, ma una battuta, tanto per capirci…). Se si attribuiscono poteri magici (o armi fantascientifiche) ad un personaggio, come sarà necessario valutare l'effetto su un racconto, così nel GDR sarà necessario valutare quanto tali armi o poteri possano sbilanciare l'equilibrio del gioco.
17 commenti
Aggiungi un commentoVolevo precisare che su questo punto sono daccordo con te (oltre a quello che hai citato all'inizio riguardo "il via", "la scintilla", che può essere innescata dal divertimento per un gioco di ruolo.)
Il mio intervento era una precisazione riguardo alla complessità di costruire un libro con coerenza stilistica, tecnica e narrativa (bello o brutto, poi, starà ai lettori deciderlo), un impegno molto faticoso se affrontato con una certa ricercatezza e precisione.
Bell\'articolo: fresco e pieno di idee. Devo dire che concordo con la maggior parte dei punti in questione, essendo io sia un master che un giocatore. Potrei integrare il tuo articolo con questo mio commento personale: L\'esperienza da narratore in un GDR mi ha cambiato, ha rivoluzionato il mio modo di pensare. Potendo comparare l\'effetto delle tue storie su altre persone( in questo caso i giocatori) sono stato in grado di evidenziare cosa appassiona e cosa no, ho imparato ad avvinghiare il lettore alla trama solo notando l\'attenzione manifestata dagli altri partecipanti al gioco di ruolo. Imparai a capire la mente degli altri e sulla carta non scrissi la storia che volevo ma quella che avrebbe voluto il lettore. Concludo dicendo che il gioco di ruolo mi ha forgiato come scrittore.
Bell'articolo: fresco e pieno di idee. Devo dire che concordo con la maggior parte dei punti in questione, essendo io sia un master che uno scrittore. Potrei integrare il tuo articolo con questo mio commento personale: L'esperienza da narratore in un GDR mi ha cambiato, ha rivoluzionato il mio modo di pensare. Potendo comparare l'effetto delle tue storie su altre persone( in questo caso i giocatori) sono stato in grado di evidenziare cosa appassiona e cosa no, ho imparato ad avvinghiare il lettore alla trama solo notando l'attenzione manifestata dagli altri partecipanti al gioco di ruolo. Imparai a capire la mente degli altri e sulla carta non scrissi la storia che volevo ma quella che avrebbe voluto il lettore. Concludo dicendo che il gioco di ruolo mi ha forgiato come scrittore.
Questo punto, ad esempio, mi trova daccordo. Sempre facendo ben attenzione, comunque, a discernere la lettura dell'interazione uditiva.
Alcuni chiaramente potrebbero rispondere che questo in sé non è né positivo né negativo. Altri potrebbero dire che lo scrittore scrive e deve scrivere in primo luogo per se stesso ecc...
Però io questo elemento, che non avevo considerato prima e in effetti riconosco adesso aver lavorato anche su di me, lo metterei tra le cose valide. Che possono darti un contributo o, almeno, da riflettere.
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