Anche qui, il livello di realismo può variare. C’è chi si è messo a calcolare i movimenti dei personaggi di Tolkien scoprendo che lo scrittore non si era resto conto che, per via dell’effetto distorcente della proiezione di Mercatore, a diverse latitudini la distanza percorsa sulla mappa avrebbe dovuto essere diversa. Complimenti a chi ha fatto questa scoperta, ma lasciamo pure la pignoleria da parte, nel senso che il valore del Signore degli Anelli non può essere discusso per motivi come questo. Tuttavia pensare in termini realistici e coerenti è obbligatorio anche quando si parla di mondi immaginari! Dopo aver fatto la tara, ovviamente dell’elemento fantastico che può sfuggire alla logica… con il solo vincolo di essere coerente con le sue proprie regole.
D'altra parte bisognerà stare attenti a non limitarsi alle classiche "trame da Gioco di Ruolo," quelle storie adatte a un gruppo di avventurieri che viaggiano insieme affrontando nemici a vagonate. Altrimenti usare il GDR ci aiuterà solamente a ficcarci in un sottogenere limitando le nostre possibilità creative.
La maggior parte delle trame tradizionali prevede un protagonista o "eroe" che si adopera per raggiungere uno scopo; è naturale che un personaggio particolare tenda ad essere più importante di altri ai fini della storia, o per lo meno che ci interesserà descriverlo di più. Lo schema del "gruppo" di protagonisti, quello che esce spontaneo dal GDR (almeno come lo si pratica generalmente), si vede spesso anche in narrativa ma non è detto che sia sempre il più funzionale.
Inoltre il tipo di "realismo" che di solito si sviluppa nel GDR (inteso come scenario sviluppato con coerenza per proporlo in modo comprensibile al giocatore) può ostacolare lo sviluppo di una narrazione intimista, di una scena onirica, di una storia vissuta in situazioni di percezione alterata della realtà o di un protagonista che vive nel dubbio se certe cose che sperimenta siano vere… mi si potrà obiettare che il GDR non impedisce in assoluto di sviluppare certi tipi di storie, ma obiettivamente il tipo di gioco, la necessità di confrontarsi con i giocatori e con i loro eventuali limiti, lo scopo ludico ecc… porterà "generalmente" ad un certo tipo di trame.
E gli esempi che ho mostrato sopra sono solo alcuni dei modelli che un narratore avrà magari voglia di sperimentare, ma dove il GDR difficilmente potrà dare grande aiuto. Pertanto come strumento potrà aiutare a costruire una trama, ma attenzione a non limitarsi a una trama adatta al gioco…
E poiché nelle trame e nel gioco esistono personaggi ed eroi, quale aiuto può dare il GDR alla creazione di un personaggio? Qui il discorso si complica un po’, bisogna fare decisamente dei distinguo nei modi in cui si declina questa galassia di esperienze che chiamiamo Gioco di Ruolo (scusandoci in anticipo per l’uso schematico e sbrigativo delle definizioni).
Alcuni GDR si limitano a caratterizzare il personaggio in termini di prestanza fisica e intellettuale. Altri (i giochi narrativisti) introducono qualche dettaglio sulle particolarità della personalità. Alcuni partono dalla persona, dalle sue inclinazioni e dalla sua mentalità, per poi costruire tutto quello che c'è intorno.
Per quanto riguarda i regolamenti, la maggior parte dei GDR si praticano come alle origini, con carta e matita intorno a un tavolo (e magari con il consueto corredo di manuali, dadi, miniature ecc…). Altri però (giochi di ruolo dal vivo) hanno un approccio di vera e propria recitazione, perfino teatrale (con costumi adeguati ecc…), e sono estremamente semplificati nell'aspetto che riguarda la simulazione. Comunque al di là delle regole, c’è la maniera in cui arbitro e giocatori le usano e, non c’è dubbio, il GDR verrà alla fine interpretato così come il gruppo arbitro-giocatori lo vive. Pertanto se l’impostazione narrativista potrebbe essere più favorevole al creare una immedesimazione e un dettaglio nei personaggi, ricordiamo anche nel GDR più tradizionale si interpreta, e si recita in prima persona.
Per lo scrittore, il GDR è uno strumento utile a creare dei personaggi, a formare l'abitudine a immedesimarsi? Sarebbe difficile negarlo, e questo vale soprattutto per l’arbitro (che ovviamente dovrà interpretare i personaggi più disparati perché sta reggendo il ruolo dell'intero mondo).
Quanto ai giocatori, ce n’è per tutti i gusti. Alcuni non cambiano mai, sono una versione di se stessi affetti da delirio di onnipotenza (questo è il tipo di giocatore che un arbitro deve evitare come la peste). Altri tendono ad interpretare, più o meno, se stessi in un contesto diverso, o comunque sempre la stessa parte. Quelli che se la sentono, hanno la sfida di provare ad essere qualcun altro e riuscire ad esserlo in maniera realistica o credibile.
Sicuramente è un buon allenamento. Forse, non molto diverso da quello che un bravo scrittore fa quando cerca di immaginare cosa direbbe o come parlerebbe questo o quel protagonista.
Rammentiamo tuttavia che un personaggio veramente valido non nasce per caso, e non nasce senza uno sforzo intellettuale profondo, che prescinde dall’essere impiegato nell’ambito del GDR o meno.
Per concludere il discorso, il Gioco di Ruolo può aiutare a creare ambientazioni, trame e personaggi, a patto di saperlo usare come strumento creativo. A dire la verità, se non si riuscirà a usarlo in questo modo potrà aiutare lo stesso… a creare quella letteratura fantastica banale e ripetitiva, che solca tracce già calcate a lungo e rinuncia a quello che dovrebbe essere il suo dovere: la fantasia.
17 commenti
Aggiungi un commentoVolevo precisare che su questo punto sono daccordo con te (oltre a quello che hai citato all'inizio riguardo "il via", "la scintilla", che può essere innescata dal divertimento per un gioco di ruolo.)
Il mio intervento era una precisazione riguardo alla complessità di costruire un libro con coerenza stilistica, tecnica e narrativa (bello o brutto, poi, starà ai lettori deciderlo), un impegno molto faticoso se affrontato con una certa ricercatezza e precisione.
Bell\'articolo: fresco e pieno di idee. Devo dire che concordo con la maggior parte dei punti in questione, essendo io sia un master che un giocatore. Potrei integrare il tuo articolo con questo mio commento personale: L\'esperienza da narratore in un GDR mi ha cambiato, ha rivoluzionato il mio modo di pensare. Potendo comparare l\'effetto delle tue storie su altre persone( in questo caso i giocatori) sono stato in grado di evidenziare cosa appassiona e cosa no, ho imparato ad avvinghiare il lettore alla trama solo notando l\'attenzione manifestata dagli altri partecipanti al gioco di ruolo. Imparai a capire la mente degli altri e sulla carta non scrissi la storia che volevo ma quella che avrebbe voluto il lettore. Concludo dicendo che il gioco di ruolo mi ha forgiato come scrittore.
Bell'articolo: fresco e pieno di idee. Devo dire che concordo con la maggior parte dei punti in questione, essendo io sia un master che uno scrittore. Potrei integrare il tuo articolo con questo mio commento personale: L'esperienza da narratore in un GDR mi ha cambiato, ha rivoluzionato il mio modo di pensare. Potendo comparare l'effetto delle tue storie su altre persone( in questo caso i giocatori) sono stato in grado di evidenziare cosa appassiona e cosa no, ho imparato ad avvinghiare il lettore alla trama solo notando l'attenzione manifestata dagli altri partecipanti al gioco di ruolo. Imparai a capire la mente degli altri e sulla carta non scrissi la storia che volevo ma quella che avrebbe voluto il lettore. Concludo dicendo che il gioco di ruolo mi ha forgiato come scrittore.
Questo punto, ad esempio, mi trova daccordo. Sempre facendo ben attenzione, comunque, a discernere la lettura dell'interazione uditiva.
Alcuni chiaramente potrebbero rispondere che questo in sé non è né positivo né negativo. Altri potrebbero dire che lo scrittore scrive e deve scrivere in primo luogo per se stesso ecc...
Però io questo elemento, che non avevo considerato prima e in effetti riconosco adesso aver lavorato anche su di me, lo metterei tra le cose valide. Che possono darti un contributo o, almeno, da riflettere.
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