Baciato da improvviso successo, corteggiato dallo star system, premiato e osannato anche oltre i suoi meriti, Peter Jackson, però, si dichiara insoddisfatto del risultato finale della sua Trilogia e, in particolare, dell’ultimo episodio...

Un’autocritica tardiva che forse non dice quanto molti lettori dell’opera di Tolkien avrebbero voluto sentirgli dire ma che, comunque, ha il merito di essere stata espressa anche se arriva a giochi fatti.

Il regista neozelandese si è rammaricato, in un’intervista, di non aver saputo mettere il giusto accento sull’ambiente, sulla natura, sui mutamenti delle stagioni, magistralmente descritti da Tolkien e, soprattutto, di non essere stato in grado di dare ai film una maggiore organicità.

Lo spettatore, soprattutto quello che non ha letto i libri, difficilmente è in grado di rendersi conto che la vicenda di Frodo e dei suoi compagni dura un anno e di quanto anche i cambiamenti climatici siano basilari ai fini della narrazione.

Ma Jackson (per fortuna)  non si limita a questo, in sostanza il regista ammette di non essere riuscito a cogliere l’essenza dello spirito tolkieniano e di aver, in definitiva, deluso anche le sue più intime aspettative: “Non sono i film perfetti che avevo in mente quando li ho pensati” ha dichiarato.

Forse, chissà, tra altri venticinque anni qualcun altro ci potrebbe riprovare visto che il remake periodico sembra essere la sorte di molti grandi opere cinematografiche.

Se Maupassant ha avuto diritto a tre versioni di Ombre Rosse (la cui  costola nobile è Palla di Sego) a Tolkien potrebbe spettare altrettanto. [09.02.04]