Arthur aveva già infilato la testa dentro al tronco per prendere le spade, ma Hugo lo fermò. - Lascia stare quegli stupidi pezzi di legno - proclamò eccitatissimo. - Oggi abbiamo di meglio!

Così dicendo, trasse dal fodero che aveva sulla spalla una spada vera, di metallo, lucente e del tutto identica a quelle che Wilhelm un tempo teneva appese alla parete del suo studio, ma che da quando si era congedato dall’Armata aveva riposto in un vecchio sgabuzzino impolverato.

- Ma... cosa? - balbettò Arthur sorpreso, rigirandosi la lama lucente tra le mani. Hugo lo guardava, raggiante.

- Non dirmi che è una delle Spade d’Onore di papà - aggiunse Arthur quando ebbe ripreso fiato. - Lo sai che ci ha sempre proibito di maneggiare armi prima di entrare all’Accademia... e soprattutto queste!

Hugo gli rivolse un largo sorriso e gli strizzò l’occhio.

- Dài, non essere fifone... diciamo che l’ho presa in prestito per oggi. Anzi, le ho prese in prestito, perché ce n’è una per ciascuno! - annunciò trionfale.

- Sotto a chi tocca! - Tirò fuori dal fodero in rapida successione altre due spade, ognuna diversa dall’altra e splendidamente intagliata, con pietre colorate incastonate nell’elsa che riflettevano la luce del sole in piccoli lampi, e le lanciò agli altri. Tenne per sé la più grande, di metallo scuro con sottili venature d’argento.

- Ma quanto pesa! - protestò Sarah, cercando di prendere la sua. Sulle prime, le braccia le cedettero sotto il peso dell’arma, ma dopo qualche tentativo riuscì a sollevarla e, impugnandola con entrambe le mani, a tirare qualche discreto fendente in aria.

Incantato, Arthur non smetteva di rigirarsi la spada tra le mani. In particolare lo affascinava l’affilatissima lama, che luccicava di rimando seguendo i raggi del sole. Era ancora combattuto tra la voglia di rimproverare Hugo per la sua disubbidienza e il bruciante desiderio di maneggiare un’arma vera per la prima volta.

- Su, andiamo, fratellino! - tagliò corto Hugo. - Non guardarla troppo o la consumerai con gli occhi! Piuttosto, fammi vedere quello che sai fare! - Non aveva neanche finito di parlare che subito, con un balzo felino, si lanciò contro il fratello; Arthur ebbe appena il tempo di parare il colpo, poi si riscosse dall’intontimento e si allontanò da Hugo con un paio di agili saltelli. - Vediamo chi è il più bravo - ribatté, lanciandosi a sua volta e mulinando la spada.

Le lame, incontrandosi, sprizzavano scintille e facevano un rumore d’inferno. Roddy, che si batteva contro Sarah, sembrava quello più impaurito: non affondava mai e si limi- tava a parare con un sobbalzo i colpi della cugina, che invece sembrava averci preso gusto e tirava fendenti e affondi come una provetta spadaccina, accompagnando i colpi con un comico gridolino.

Dopo neanche mezz’ora si fermarono, esausti. Il peso delle spade vere, a cui non erano

abituati, aveva esaurito gran parte delle loro energie; accaldati e con il fiatone, si gettarono sull’erba vicino al tronco cavo per riposare un po’.

- Non mi aspettavo che fosse così faticoso maneggiare una spada - commentò Sarah, sdraiata supina sul soffice manto erboso.

- Le spade non sono fatte per le ragazze - la canzonò Hugo.

- Ce ne sono un sacco all’Accademia! - protestò lei.

- Non starlo a sentire - intervenne Arthur. - Alle ragazze danno spade più leggere.

- Meno male - borbottò Roddy. - Chissà se potrò averne una anch’io, di quelle leggere... - Arthur e Sarah scoppiarono a ridere; Hugo invece cominciò a prendere in giro Roddy, come faceva da qualche tempo.

- Perché invece di perdere tempo all’Accademia non te ne resti a casa con mammina e impari a fare le torte?

Roddy diventò rosso in faccia.

- Anzi, puoi anche venire con noi, tanto è sicuro che gli istruttori ti assegneranno alle cucine...

- Smettila, Hugo - lo interruppe Arthur. - Stai esagerando. - Mortificato, Roddy teneva gli occhi bassi.

Hugo squadrò il fratello, poi si slanciò verso l’amico, tirandolo in piedi di peso e abbracciandolo con affettazione.

- Roddy, amico mio - recitò enfaticamente. - Perdonami! Non volevo ferire la tua sensibilità! Ti chiedo umilmente scusa, eccetera eccetera...

- Va bene - bofonchiò lui. - Dài, non è successo niente... - Hugo però lo spinse via e scoppiò in una fredda risata che avrebbe dovuto risultare simpatica, ma non lo fu per niente.

- Forza, mollaccioni - esclamò raggiungendo con due salti il centro della radura e sventolando la spada. - Avete già finito la birra? Arthur, fatti sotto! O vuoi provare tu, femminuccia? Mi riferisco a Sarah, naturalmente... vero, Roddy?

- Presuntuoso imbecille - disse lui tra i denti, e si preparò a caricare a testa bassa, come sempre faceva quando era arrabbiato.