Ma stavolta sia lui che Hugo avevano una spada vera in mano, e le conseguenze avrebbero potuto essere ben diverse dalla solita zuffa. Arthur se ne rese conto in tempo e mise un braccio attorno al petto dell’amico per trattenerlo. Roddy sbuffò e produsse uno strano ringhio rabbioso con la gola, ma alla fine smise di agitarsi e restò a fissare in tralice Hugo che saltava in mezzo alla radura, canticchiando e menando con la spada fendenti sgangherati a un avversario invisibile. In quel momento Sarah notò qualcosa nel cielo e si affrettò a richiamare l’attenzione di Arthur, che mollò la presa su Roddy e alzò gli occhi verso l’alto.

- Mi è sembrato di veder passare qualcosa - mormorò.

- È sembrato anche a me - confermò Arthur, scrutando oltre le cime degli alberi. - Come un’ombra che ha oscurato il sole... ma era troppo veloce per essere una nuvola.

- Forse era uno stormo di uccelli - azzardò lei. - Ehi, eccola di nuovo! - Additò un punto sopra la cima della costruzione al centro della radura. - È un uccello... sembrerebbe un’aquila.

- Sì, ma... - cominciò a dire lui, fissando torvo l’ombra che si faceva sempre più vicina. - È... è enorme! Presto, mettiamoci giù! - Trascinò con veemenza Roddy e Sarah dietro al tronco cavo e li fece accucciare per terra. - Hugo! Vieni!

Hugo però non si mosse. Se ne stava con la punta della spada poggiata per terra, incantato a guardare il cielo.

- Non ho mai visto un’aquila del genere in vita mia - mormorò Arthur. - È troppo grande. E poi è troppo nera.

- Si sta avvicinando! - fece Sarah, tappandogli la bocca.

L’aquila stava planando lentamente, volando in cerchi concentrici sempre più stretti, e sembrava intenzionata ad atterrare proprio davanti alla strana costruzione al centro della radura. Mano a mano che scendeva, le sue dimensioni fuori dal normale si facevano sempre più evidenti. Nascosti dietro al tronco, i ragazzi si abbracciarono, terrorizzati all’idea che l’aquila potesse notare la loro presenza; nel frattempo cercavano in tutti i modi di richiamare l’attenzione di Hugo, rimasto impalato a guardare l’uccello che stava planando giusto sopra di lui.

L’aquila era giunta ormai a una decina di piedi da terra quando Hugo finalmente si riscosse dal suo intontimento e con due salti fu nell’erba alta, dalla parte opposta della radura, dove scomparve alla vista. L’aquila dispiegò le enormi ali, preparandosi all’atterraggio, e lo spostamento d’aria fece ondeggiare l’erba intorno. Portando avanti le possenti zampe artigliate l’animale toccò finalmente terra. Vista da quella distanza, l’aquila era davvero terrificante: alta quanto un pony e altrettanto massiccia, apriva e chiudeva un becco aguzzo che sembrava duro come l’acciaio e gli occhi, di una tonalità giallo ocra, lampeggiavano crudeli mentre scrutava tutt’attorno.

- Che... che cos’è quella... quella cosa? - balbettò Roddy, stringendo il braccio di Arthur come se volesse stritolarglielo.

- Non ne ho idea - rispose sottovoce lui. - Ma non mi piace per niente. - Lo sguardo dell’aquila non somigliava a quello di un comune animale, ma tradiva piuttosto un’intelligenza quasi umana. Quando Arthur distolse lo sguardo dal mostruoso rapace, si accorse che l’atmosfera nella radura era cambiata: la sensazione di serenità che l’antica costruzione trasmetteva era stata spazzata via dall’arrivo dell’aquila. Si sentì improvvisamente molto triste, come se il mondo avesse perso la sua bellezza.

Di scatto l’aquila si voltò verso il punto in cui erano nascosti i ragazzi e lanciò un’occhiata insistente e sospettosa al tronco cavo, che però era abbastanza grande da nasconderli alla vista.

- S-secondo te può vederci? - balbettò Roddy, che tremava come una foglia.

- Non lo so - rispose Arthur sbirciando cautamente da sopra il ramo. Si voltò verso Sarah, che gli rivolse un cenno d’intesa. - Dobbiamo andarcene da qui, e subito!