Una Lettura

A Synapsis aveva smesso di piovere.

Dopo aver accompagnato Larry, Alyssa continuò per la sua strada verso casa. Non c’era più nulla da fare ed era inutile attardarsi per la città come un cane randagio.

Appena giunse davanti al porticato, il suo viso si velò di tristezza: le luci della sala erano accese e non lasciavano presagire nulla di buono. Alyssa si guardò la ferita, aveva smesso di sanguinare e il taglio non era così profondo. Non se ne curò, nessuno se ne sarebbe accorto.

Quando aprì la porta di casa ed entrò fu investita da un odore stantio. Superò il tavolo della sala e, dalle scale, lanciò uno sguardo furtivo verso la poltrona. Un braccio ciondolava inerme sul pavimento, a pochi passi dalla vecchia televisione sintonizzata su una telecronaca sportiva.

Come sempre, pensò.

Solo allora si accorse della madre che la guardava dal pianerottolo, una mano protesa verso di lei per implorarla di fare silenzio. Sotto una chioma di capelli scompigliati, si facevano strada due occhi gonfi in preda al terrore.

Alyssa scosse la testa e salì mentre la madre la precedette in camera.

- Ehi, cos’hai? - bisbigliò la ragazza.

- Nulla cara. Ma per l’amore del cielo, parla piano. Sta dormendo.

- Che novità - rispose togliendosi il gilet di cuoio. La donna le guardò la spalla e inorridì.

- Cielo, ma cosa ti è successo? - bisbigliò. - Hai un taglio profondo. Ma cos’hai combinato là fuori?

Alyssa si limitò a una scrollata di spalle.

- Ti prego! Vuoi darmi preoccupazioni anche tu? Dove sei stata?

- Dove sono sempre. Per strada, mamma. E la strada è fatta così: a volte si prendono, a volte si danno - rispose secca.

- Ma sei pazza! Guarda come ti sei conciata. - Le prese il braccio, Alyssa la strattonò per alzarsi e chiuse la porta.

- Io? Ma guardati. Hai un occhio gonfio.

L’altra chinò il volto. - Che ci vuoi fare, oggi forse ha bevuto un po’ troppo.

- Che ci vuoi fare? Oggi? Forse? Ma che diavolo stai dicendo! E ieri? E l’altro ieri? E domani invece?

La donna socchiuse gli occhi. Deglutì e cercò di riconquistare un tono sicuro. - Basta così. Lo sai come la penso, è meglio star zitte. Se reagiamo, lui si arrabbia ancora di più. È per il nostro bene.

- Ti prego non venirmi a dire qual è il mio bene. L’ho imparato da sola.

- Dobbiamo evitare lo scontro. Dobbiamo evitare i litigi.

- Ah, che bella prospettiva. Non mi pare funzioni, non è vero? - disse indicandole il livido sul viso. La madre si coprì istintivamente l’occhio.

- A volte non è abbastanza. Dammi retta, stiamo tranquille e non succederà nulla.

Alyssa la ignorò e gettò il gilet sul letto. Poi si girò di scatto. - No, non puoi cavartela sempre così. Dai, dimmi, cos’è successo stavolta? Pasta troppo cruda? O insipida? Quale dramma familiare ha innescato l’ira del padrone, oggi?

- Oh, no. No, no. È colpa mia, stavolta non è una scusa. Vedi, il prato che dovevo...

- Per favore. Non dirmi nulla, vattene. È così da sempre. Guardati, sei un fantasma. Indossi quella vestaglia da giorni, non ti lavi i capelli da settimane. Sei meno di una sguattera, vergognati.

- Stai esagerando, Alyssa, porta rispetto a tua madre! Cosa ne sa una ragazza di sedici anni... - disse, ma un singulto la bloccò.

- So che rimanere inermi non serve a nulla. - Si voltò verso la portafinestra e strinse la tenda con i pugni. - Questa non è la mia vita. La mia vita è là fuori.

- La tua vita è la tua famiglia!

- Davvero? Chiamala famiglia. Una madre che da anni si fa picchiare e non ha il coraggio di dire no. E lui... lui è solo un maledetto ubriacone.

- Non parlare così di tuo padre - la riprese con un filo di voce.

- Non è più mio padre dal primo giorno che ha alzato le mani su di me. Non mi ricordo neppure quanto tempo fa. Dieci anni, mamma? Quanti?

- Cosa? - la guardò smarrita.

- Dieci anni mamma?

- Non so, non ricordo quando abbia iniziato. -

L'autore
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- Te lo dico io. Ero solo una ragazzina di sei anni, una che credeva ancora che il padre fosse l’uomo da imitare. Me li ricordo bene quei giorni. Il dolore alla schiena, le braccia che bruciavano. Me li ricordo tutti quei fottuti lividi.

- Mio Dio! Come parli adesso? Ecco cosa ti insegna la strada. - Si portò una mano alla bocca, tremando.

- Mi insegna a difendermi e a non tremare come una foglia come fai tu. Non sei stata capace di difendermi, non è una tua colpa, ma adesso so farlo da sola.

- Non è vero. Calmati. Io ho sempre cercato di darti...

- Cosa mamma, cosa? Tu mi davi, lui mi toglieva. Ma non vedi? Mi ha tolto anche quelle lacrime che vedo nei tuoi occhi. Non so più piangere, mamma. Non ricordo più l’ultimo giorno in cui ho pianto di felicità o di dolore. Adesso vattene.

La madre si coprì gli occhi rossi e scomparve dietro la porta.

Alyssa si stese con le mani tra i capelli, vittima di un impeto di rabbia che le urlava dentro il petto, irrefrenabile. Si alzò di scatto, aprì la portafinestra, prese la prima cianfrusaglia sulla scrivania e la scagliò con violenza contro un lampione sulla strada.

La luce si spense tra il crepitio di vetri infranti.

- Ecco, ora mi sarà più difficile trovare la strada di casa - si udì. - Quel lampione aveva un suo scopo, non trovi? Occorre focalizzare gli obiettivi, mia cara.

Sulla terrazza, un nano alto poco più di un metro guardava i vetri infranti sparsi sulla strada. Seduto su una sedia di vimini, se ne stava tranquillo a fumare una pipa. Era calvo e indossava un frac nero sopra una camicia bianca decorata con sontuosi ricami.

- Vattene immediatamente dalla mia terrazza o ti butto di sotto - lo intimidì alzando i pugni al petto.

- Fai sul serio, vuoi uccidermi - replicò l’altro, distratto.

- Sei uno sporco ladro! Vattene subito!

- Potresti cercare di moderare il linguaggio, ragazzina? Ti ricordo che siamo su una terrazza a conversare, non per strada. Grazie.

- Sei dentro la mia casa - si spazientì la ragazza.

- Punti di vista. A me sembra di esserne fuori.

Alyssa non sentì ragioni e scagliò un pugno contro la sedia.

Il nano non c’era più.

- Piacere di conoscerti Alyssa, mi chiamo Iugho - continuò la voce alle sue spalle. La ragazza si voltò, frastornata.

- Che diavoleria è questa? Un secondo fa eri qui, nanerottolo.

L'autore e l'editore di Prodigium durante una presentazione
L'autore e l'editore di Prodigium durante una presentazione
- Iugho, prego - la corresse. - Se possibile, vorrei evitare una dimostrazione di arti marziali in questo luogo che definirei... non consono. I vicini non gradirebbero, né tanto meno tuo padre.

- Mio padre? Cosa ne sai? Ci spii? Stai attento che io... - Alyssa tirò un calcio che colpì solo l’aria.

- Ancora! Spiegami come fai, dimmelo - disse mordendosi le labbra.

- Ti interessa saperlo? Anzi, ti interessa saper combattere veramente?

- So già combattere - ribatté arcigna.

- Ne dubito, visti i risultati. Comunque la velocità traslata è una dote che appartiene anche a te. Solo che non la conosci.

- Velocità traslata? Sei pazzo nano, vattene subito.

- Se vuoi saper combattere alla perfezione devi conoscere ogni tua dote e sfruttarla al meglio. Come... come quel fuocherello che ogni tanto accendi.

Iugho aveva colpito nel segno. Alyssa sciolse i pugni e aggrottò la fronte. - Come fai saperlo?

- Capita di essere diversi. Non c’è nulla di male - borbottò il nano, liberando in aria cerchi di fumo. - Vedi, anche per fare questi anelli conta solo l’esperienza.

- Cosa ne sai del mio fuoco? - lo incalzò la ragazza.

Iugho si avvicinò e la guardò dritta negli occhi. - Conosco ogni dettaglio di questo potere e di molti altri di cui neppure immagini l’esistenza. Ti interessa?

- Certo - rispose con tono meno ostile.

- Bene, conosco un posto dove puoi imparare a sfruttare le tue abilità. Ti posso assicurare che se riuscirai nell’intento, non esisterà alcun rivale capace di contrastarti. Non sarai più l’Alyssa del quartiere, ma l’Alyssa di Synapsis.

Alyssa ne rimase sorpresa sebbene fosse ancora diffidente. - Bando alle ciance, nano. Dov’è la fregatura?

- Fregatura? Non mi dice nulla questo termine.

- Cosa vuoi in cambio? Non ho soldi.

- Ah no, quelli non mi interessano. Voglio solo che tu mi segua.

- Dove?

- A Eterium si contende un premio. Stiamo arruolando i concorrenti. Là c’è un posto chiamato Theorica, dove imparerai ciò che ancora non conosci.

- Eterium? Theorica? Mai sentite.

- Ah, che strano! Non te l’hanno insegnato a scuola?

- Non vado a scuola.

- Ecco spiegato. Dovrai partecipare alla gara e metterti in competizione con altri sessantatré ragazzi.

- Non ho problemi a competere con altri, lo faccio da sempre.

- Ottimo, ma non voglio costringerti, né farti decidere adesso. Anche perché la gara ti impegnerà per sei mesi. Questa sera, alle undici, c’è uno Spettacolo alla Piazza Centrale. Avrai tutto il tempo per darmi la tua risposta. Ci stai?

Alyssa gettò lo sguardo alla porta dietro di sé. Poteva davvero assentarsi per sei mesi? La madre come avrebbe fatto? Si voltò confusa, ma Iugho non c’era più. Si sporse dalla ringhiera e ne intravide la sagoma muoversi nella penombra del portico.

- Accetto, verrò - si affrettò.

- Hai altre domande in particolare? - chiese il nano mentre si allontanava nell’oscurità.

- No, ci sarò.