"Questo è il romanzo che avrei voluto scrivere."
È quanto ho pensato una volta terminata la lettura de Il Campione delle Ere, il degno romanzo conclusivo della saga Mistborn.
Un romanzo denso d'azione, tensione, segreti svelati, elementi che caratterizzano un buon libro d'avventura. Ma Il Campione delle Ere va oltre questo, perché attraverso una storia inventata mostra una realtà importante spesso dimenticata: in ogni cosa è celato un frammento di verità. Perché non esiste una verità, ma esistono tante verità e sono tutte giuste perché fanno parte di un intero più grande, di qualcosa d'infinito.
Brandon Sanderson rivela un importante insegnamento, mostrando quanto l'uomo da sempre cerca nella vita e che in tanti modi ha proiettato all'esterno per trovare soluzione a un enigma che è a portata di mano ma sempre gli sfugge.
Proprio Sazed incarna questa realtà: il terrisiano è l'uomo che cerca, che vuole conoscere e trovare risposte. Vede il compito di Custode come una preservazione di conoscenze antiche, ritenendo importante che il sapere d'ogni religione non vada smarrito, perché la fede può sostenere e salvare le persone nei momenti in cui tutto sembra perduto.
Ma come si può dare un aiuto a chi è vicino, se prima non si è in grado di aiutare se stessi?
La sapienza, le conoscenze se non le si fanno proprie, se non portano reali cambiamenti e sostegno nella propria vita, non servono a nulla, ma sono una menzogna. Dopo gli eventi del Pozzo dell'Ascensione, Sazed è l'uomo che ha perso la fede e non crede più in niente, avendo scoperto che quanto aveva confidato fino a quel momento non era mai stato una libera scelta, ma solo l'assecondare una volontà divina che anelava distruggere il mondo. Vedere sotto tale luce gli sforzi e i sacrifici degli amici, la perdita di persone amate, fa crollare la convinzione della validità di quanto fatto, schiacciata da un mondo che scivola verso il totale annientamento.
Sotto tali colpi, qualsiasi uomo può spezzarsi e perdere fiducia in se stesso e nella vita: tutto appare senza senso, diventa grigio come la cenere che cade senza posa dal cielo e ricopre la terra di strati che uccidono le piante, rendendo il mondo una landa desolata, di morte.
È in simili momenti che occorre resistere, non mollare, andare avanti anche se può sembrare un proseguire per inerzia, perché le risposte possono arrivare quando meno le si aspetta, da direzioni che non si ritenevano possibili, perché la realtà non sempre è ciò che appare.
E chi si è considerato fino a poco prima un nemico, si può scoprire essere chi ha tentato di salvare il mondo da un male più grande.
Il Lord Reggente non era certo un benefattore, per molti è stato un tiranno, un mostro da abbattere, ma dietro la facciata di spietata durezza si nascondeva il volto di un individuo che aveva cercato davvero di fare del suo meglio per salvare gli altri. Solo la mancanza di conoscenza ha portato a causare ferite alle quali ha dovuto rimediare senza riuscire a riportare le cose allo stato originario, facendo vivere in uno stato che non poteva rimanere stabile all'infinito; il Lord Reggente sapeva che la forza tenuta a bada quando si era recato al Pozzo dell'Ascensione sarebbe tornata a reclamare il suo diritto di distruggere il mondo.
Pertanto aveva lasciato indizi tracciati nel metallo che avrebbero portato alla scoperta del suo piano di salvezza per la razza umana: tracce che conducevano a rifugi sotterranei, colmi di viveri e beni di prima necessità per sopravvivere e poter ricostruire una civiltà.
Le storie del passato narranti pericoli e rovina, non sono leggende o metafore per spiegare il significato della vita, ma realtà concrete: i racconti di tali eventi apocalittici possano ricordare l'Apocalisse della Bibbia o il sapere dei Maya che rivela la fine del mondo (come avviene in molte religioni conosciute del nostro pianeta), messaggere del cambiamento che sempre è una costante nell'esistenza, perché se è vero che nulla è eterno, è anche vero che nulla si distrugge definitivamente, ma tutto si trasforma e muta, continuando il ciclo vitale.
Questo è il punto che accomuna e unisce il mondo immaginato da Sanderson al mondo nel quale viviamo: il sapere trasmesso dalle religioni.
Loro sono il centro di questa serie, perché da sempre ricercano la verità dell'esistenza e dell'origine dell'uomo: dagli studi dei Custodi al sapere dei Dicasteri e degli Stipulatori (qui come nel nostro mondo i numeri hanno un significato particolare e ben preciso), alla simbologia in apparenza casuale, ma di certo non fine a se stessa (Vin ed Elend vestiti rispettivamente di nero e bianco per partecipare a un ballo incarnano il Femminile e il Maschile, lo Yin e lo Yang, gli opposti che si uniscono per compensarsi e formare un intero; non è difficile osservando il loro comportamento intuire come essi incarnino la razionalità della mente umana).
Quanto fa Sanderson nella sua trilogia, specie in questo romanzo, è una riflessione sulle istituzioni religiose, nate certamente per dare risposte e speranze alle persone, ma che con il passare del tempo s'intrecciano ed entrano a far parte di meccanismi politici, economici e burocratici, mischiando il potere spirituale con quello temporale; un fatto se si vuole inevitabile, dato che tali istituzioni sono composte di uomini e che da sempre gli individui ricercano stabilità e sicurezza (fattori che spesso il denaro è in grado di dare).
Se è vero, come affermano appunto le religioni, che esistono forze più grandi agenti sul creato, che lo influenzano e lo creano come succede tra Rovina e Preservazione, è anche vero che è l'uomo a creare i propri Dei, nient'altro che proiezioni degli individui che non riuscendo a riconoscere come propria la grandezza e la capacità di creare qualcosa di meraviglioso, l'associano a qualcosa al di fuori della propria persona, qualcosa di inarrivabile, esclusivo, che non può essere spiegato.
Questo è quanto fa l'idealizzazione, il non vedere come stanno realmente le cose, capace di trasformare gesti, parole in qualcosa di straordinario, di alimentarli con la forza del pensiero e renderli capaci di condizionare l'operato delle masse.
Così è stato ai tempi del Lord Reggente, dove le persone vivevano nella rassegnazione di un destino che non poteva essere cambiato; così è dopo la scomparsa di Kelsier, dalla cui morte è sorta la Chiesa del Sopravvissuto, dove la gente è spinta dalla speranza che un cambiamento sia sempre possibile.
Ma sia Kelsier, sia il Lord Reggente non sono mai stati dei: si voleva vederli in questo modo, ma erano uomini che avevano raggiunto uno stadio avanzato, un'evoluzione della condizione umana che li aveva portati a sfruttare un frammento del potenziale messo a disposizione dall'esistenza. Difficile per la gente (specie se costretta a vivere nell'ignoranza, non potendo accedere a sapienza e cultura) comprendere una simile verità: affascinata da quanto sono in grado di fare certi personaggi, li ritiene esseri superiori, anelando essere come loro, ma non riuscendo a fare il passo successivo che porta alla comprensione che è nelle possibilità di tutti mettere in atto scelte capaci di portare cambiamenti concreti nella realtà in cui si è presenti.
A meno che non si vivano esperienze che scuotano queste convinzioni, aprendo lo sguardo su nuovi orizzonti.
È quanto succede a Spook, il giovane della banda che ha avuto un ruolo marginale in tutti i grandi eventi dell'Ultimo Impero. Vissuto all'ombra degli altri (con un'adorazione verso Kelsier che rasenta il mito), spinto dal senso di colpa per non essere stato d'aiuto agli amici nelle varie lotte e dal desiderio di emulare il suo idolo, si ritrova a diventare protagonista nel rovesciare il governo del Primo Cittadino d'Urteau, uno dei centri fondamentali da controllare, sia perché contiene uno dei depositi segreti del Lord Reggente, sia perché la rivolta che vi è in atto non sia d'intralcio alla missione di salvare il mondo. Come fece Kelsier anni prima, utilizza la malavita per minare un regnante dispotico che sfrutta la buonafede delle persone nel Sopravvissuto per consolidare il suo potere, cercando in apparenza di creare un governo libero guidato solo da skaa. Ma dare la possibilità alle persone di potersi recare alle bettole a ubriacarsi a qualsiasi ora non basta a rendere la gente libera, non quando si vive in un clima di paura e sospetto; un clima in cui si vuole distruggere il sistema precedente, ma dove non si fa nulla per creare qualcosa di nuovo.
La responsabilità di tutto ciò è dei governanti, ma anche gli individui, non trovando l'iniziativa di ribellarsi a causa dell'inerzia dovuta alla tradizione e all'essere all'interno di un sistema basato sulla staticità e su regole fisse, hanno la loro parte di colpa.
Così è per tutti gli esseri senzienti, come ha modo di vedere TenSoon, scoprendo come il suo popolo, vivendo isolato, ha perso di vista il Primo Contratto, lo scopo per il quale il Padre li aveva creati: nemmeno di fronte alla fine del mondo, il popolo kandra riesce a comprendere che nessuno è un'isola, fine a se stesso, ma parte della terra, un pezzo importante perché la rovina non trovi attuazione.
Attraverso il confronto tra il kandra ribelle e i suoi simili si scoprono le origini di tali creature, si ha risoluzione a molte domande lasciate indietro nei volumi precedenti.
Uno tra i tanti quesiti cui si dà risposta in questo romanzo.
Viene rivelato il motivo per cui dal cielo piove sempre cenere.
Si scopre la natura e la nascita degli Inquisitori e dei Koloss.
Si scopre l'emalurgia, un potere traente origine dai metalli, ma non come l'allomanzia che è una forza mistica ereditaria che li brucia all'interno del corpo, o come la feruchemia, dove le capacità di chi la possiede vengono riversate in scorte metalliche per poi essere utilizzate al momento del bisogno. Un potere che ha connessione con il sangue e che richiede un prezzo di sangue, invasivo, violento, dove spuntoni di metallo vengono posizionati in precisi punti del corpo. Un potere parassitario, che richiede un costo alto per la sua realizzazione e per il suo utilizzo.
Viene svelata la verità delle nebbie, non un semplice agente atmosferico, ma una forza che agisce secondo uno scopo preciso: un agire considerato spesso avverso ai piani di salvezza, ma il male e le perdite cha ha portato non sono stati atti di malvagità, ma facenti parte di un quadro più grande che si riesce a capire raggiunta la giusta conoscenza.
Si scopre perché il Lord Reggente teneva gelosamente protetto l'atium e di come non si era mai riuscito a trovare il luogo in cui era custodito.
Una scoperta continua, appassionante attraverso le battaglie, le scelte di Vin, Elend, Sazed, Spook, ma anche il tormento di Marsh, figura di una lotta che non può essere vinta, ma che aspetta il momento opportuno per non rinunciare a qualcosa d'importante, per essere decisivo e non mancante nel momento in cui c'è più bisogno d'aiuto.
Una storia andata lontano, come i suoi protagonisti, che li ha visti cambiare radicalmente, anche se una parte di loro è rimasta sempre la stessa.
Elend, da studioso e utopista che si ribellava sterilmente al padre cinico e calcolatore, si trasforma, grazie agli insegnamenti di Tindwyl ma soprattutto degli eventi che imperversano nell'Impero, in un combattente e una guida salda per il popolo che governa, pronto a tutto per il bene superiore, ma con ancora quegli ideali che l'hanno sempre distinto dal resto della nobiltà: un cuore puro che ha acquisito fermezza e sicurezza in se stesso, vincendo quella titubanza che nel passato non gli aveva fatto avere il rispetto dagli altri.
Allo stesso modo in cui l'amato acquisisce fiducia in sé, Vin riesce a fidarsi degli altri e non solamente delle proprie forze, lasciandoli liberi di agire senza doversi preoccupare di loro, abbandonando quel complesso da salvatrice che l'aveva perseguitata per tutto il secondo volume, dove si era caricata sulle spalle la responsabilità di proteggere le persone a lei care.
Se TenSoon è la creatura che più s'è allontanata dalle proprie convinzioni, arrivando a tradire la propria gente e il codice che ha regolato la propria vita per aiutare coloro che più aveva disprezzato, Sazed è, dopo un percorso che l'ha allontanato dal proprio essere, colui che dà pieno compimento alla propria natura, rendendola più completa e pienamente realizzata.
Con questo capitolo finale Sanderson raggiunge i fasti di tensione narrativa e coinvolgimento di L'Ultimo Impero, riuscendolo a superare in un finale che è grandioso, lo sbocciare di un fiore che finora non ha fatto altro che crescere per prepararsi alla sua splendente apertura, arrivando a sorprendere nel dare realizzazione alla profezia da cui questo magnifico terzo capitolo della saga Mistborn prende nome.
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