Pallino scoppiò a ridere e batté una mano sulla spalla di Lucilla. – Ma di cosa ti preoccupi? Ho appena appoggiato la pallina al suo posto. Anzi! Devo ancora mettercela. – Fece scivolare il porta-pallina sulla superficie del tavolo fino a farlo arrivare davanti agli occhi di Lucilla. – Ecco, vedrai che adesso sarà tutto più semplice.

Il batticuore di Lucilla, invece, aumentò la sua corsa, perché anche nella pallina vista da vicino non c’era niente.

– Ma io...

Mimì si stava leccando uno zampino con noncuranza e, quando la guardò in un occhio, le parve che si stesse prendendo gioco di lei, così si sentì ancora più confusa e iniziò a mugolare: – Io... io...

– Uffa! Che fretta, bambina mia – esclamò Pallino. – Non abbiamo ancora cominciato. Aspetta un po’ e vedrai.

Quando Pallino alzò le braccia verso l’alto, tutti gli animali fecero cerchio intorno a lui e Lucilla si immobilizzò nell’udire il mago che stava chiamando a sé gli spiriti della terra: - Gnomi! Folletti! Fauni...

Quando l’armadio alle sue spalle scricchiolò, fece un sobbalzo.

– Non ti preoccupare – disse il mago ammiccando l’armadio che adesso aveva occhi, naso e bocca. – È Mogano che ha il reumatismi.

Pallino alzò di nuovo le braccia al cielo e riprese il rituale, quando scricchiolò pure la sedia su cui era seduta Lucilla, che si alzò gridando.

– Non è niente – la rassicurò Pallino, indicando la sedia che adesso aveva una faccia sulla spalliera. – È Quercia. Ogni volta che chiamo gli spiriti della terra, ricorda i giorni in cui era un albero.

Tra un reumatismo e l’altro, Pallino riuscì a terminare il rito, poi sedette al suo fianco e le poggiò una mano sulla spalla: – Stai calma, Lucilla. Devo ancora spiegarti alcune cose.

– Mi dica, signor Pallino, sono tutta orecchi.

– Ascoltami bene! – e le puntò un dito contro la punta del naso. – Devi sapere che c’erano quattro fate sul calendario che non potevamo mai incontrarsi: una gelava, una fioriva, una si squagliava e una perdeva i capelli.

– I capelli? – chiese stupita Lucilla.

– No. – Pallino scosse la testa turbato. – Forse mi sto sbagliando con le foglie.

– Me le foglie stanno sugli alberi, mica sulle fate!

– Mi scuso. Mi scuso. – Pallino scosse di nuovo la testa. – Credo proprio di aver sbagliato fiaba.

– Fiaba? – Lucilla era sempre più confusa. – Ma non doveva parlarmi di una profezia?

– Fiaba... Profezia – rispose stizzito. – Che differenza c’è quando ci si trova nella pancia di un drago?

– Non saprei – rifletté Lucilla, – ma se lei mi dice questo, mi fido.

– Dunque – prese a raccontare, – c’erano una volta quattro fate che abbracciavano il mappamondo. Una era rosa, una era nera, una era gialla e una era rossa. – Poi prese fiato, chiudendo gli occhi, e parve impiegare secoli prima di ripartire. – Ehm – balbettò – credo di essermi sbagliato perché – socchiuse gli occhi – non capisco come facessero ad abbracciare il mappamondo tutte per mano, visto che una era a nord, una a sud, una a est e una a ovest.

– Non so proprio come aiutarla, signor Pallino, dato che la storia la sta raccontando lei.

– Allora facciamo così – riprese lui sorridente: – ne racconterò un’altra.

Lucilla lo guardò perplessa, poi annuì, pensando che, in un modo o nell’altro, il signor Pallino sapeva certo quel che stava facendo meglio di lei.

– Dunque – riprese a raccontare – c’erano una volta cinque fate intorno alla pallina.

La bambina si sentì sollevata, pensando che questa situazione si avvicinasse di più alla loro, rispetto a quella del mappamondo. – Una pallina come questa?

– Certo – rispose lui orgoglioso del nuovo principio. – Una la toccava, una la guardava, una l’annusava, una la leccava e una l’ascoltava

– L’ascoltava? – chiesero tutti in coro.

– Già – rispose Pallino soddisfatto di sé, – l’ascoltava.

– E cosa ascoltava? – chiese Lucilla.

– Ascoltava le istruzioni per trovare la nuova oasi.

– Oh, mamma! – si disperò la bambina.

– Se guardi la pallina pensando che la fata sta per raccontarti quello che lei vede dal di dentro, ci saprai riportare le istruzioni per la strada.

– Eh?

– Lì dentro c’è una fata che conosce la strada per la nuova oasi, però puoi sentirla solo tu. Adesso ti darà le istruzioni, ascolterai per bene e ci riferirai che cosa ti ha detto.

– E come faccio?

– Guarda dentro! Ascolta bene! – la incitava Pallino.

Nel silenzio si accorse che decine di zampette si erano unite a quelle che già si muovevano intorno e a lei. Ormai i mammiferi non erano i soli spettatori ammessi alla scena. Bestiole di ogni tipo entravano dalla porticina, facendosi spazio con gomiti, zoccoli o alette. I loro versi in sordina presero a farle un po’ paura.

– Guarda dentro! Ascolta bene! – le sembrava che mormorassero in coro tutti gli animali.

– Guavda dentro! Vuà! Ascolta bene! Vuà! Vuà! – starnazzavano davvero i pappagalli.

Lucilla si prese la testa tra le mani: – Mammina! Mammina! Se ti avessi ascoltato prima...